Si è inaugurato all’insegna della musica il mese di marzo, con la
conferenza del giovane ma ferrato Erminio Tota presso l’Università di Anversa. Laureatosi in “Scienze della Comunicazione” e attualmente iscritto
alla facoltà di “Cinema, televisione e produzione multimediale” dell’Università
di Bologna, Erminio ha messo a disposizione dell’auditorio le sue competenze
guidandolo alla scoperta di un periodo storico ancora poco indagato: il 1968, anno
cruciale nel passaggio dall’età moderna a quella contemporanea.
I venti di rivoluzione che a partire dagli anni ’60 attraversarono il
mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Inghilterra fino alla Francia, dove
sui muri della Sorbona campeggiava la scritta "Il est interdit d'interdire”, non
mancarono di spirare anche in Italia, dove la ribellione nei confronti della
“generazione dei padri” assunse la forma di una vera e propria lotta di classe.
Ciò che i giovani italiani del ’68 contestavano era soprattutto
l’assuefazione a una cultura imposta dall’alto, che non permetteva loro di
esprimere la propria identità, ad esempio attraverso una partecipazione attiva ai
programmi di studio. A ciò si aggiunsero le proteste per la guerra in Vietnam, le
cui immagini venivano trasmesse per la prima volta in diretta tv, e il
malcontento per la decisione dell’allora ministro Luigi Bui di aumentare le
tasse universitarie, rendendo di fatto l’istruzione superiore una scelta elitaria.
Il forte clima di ingiustizia percepito dalle nuove generazioni raggiunse
il suo apice con la celebre battaglia di Valle Giulia (Roma, 1 marzo 1968), in
cui giovani studenti universitari in lotta contro il sistema si scagliarono
contro poliziotti loro coetanei, per la riappropriazione della Facoltà di
Architettura. Contraddizione smascherata da Pier Paolo Pasolini che fece
notare come gli studenti in rivolta avessero in realtà alle spalle famiglie
borghesi, mentre i giovani poliziotti fossero proprio figli di quella classe
operaia a cui era stata preclusa la possibilità di studiare.
Il bisogno di uno “svecchiamento” culturale portò inoltre alla nascita
di una nuova estetica musicale, che da un lato condusse ai suoni distorti, duri
come la roccia, e ai temi inediti incentrati sull’eccesso della musica rock e dall’altro
a un cantautorato impegnato, che invece focalizzò la sua attenzione sulle
tematiche sociali, sugli emarginati e su tutto ciò che si opponeva a una
cultura dominante e perbenista.
Dopo aver fatto ascoltare la canzone Un giudice (1971) di Fabrizio De André, Erminio ha fatto poi un
rapido excursus sulla “controcultura” attuale, figlia di quel rinnovamento nato
col ’68, e che oggi trova piena manifestazione nella musica indipendente. Una
bella ventata di novità per le orecchie di chi ancora collegava la musica italiana
solo a Laura Pausini o Eros Ramazzotti.
Affrontando tematiche legate ai giovani, alla musica e alla lotta per
l’affermazione di un’identità che spesso sfocia in violenza, Erminio ha dunque
fornito un ottimo assist per il prossimo appuntamento della Dante, lo
spettacolo TVATT che verrà presentato per la prima volta in Belgio il 12
marzo (teatro ‘t Klokhuis).
Prosegue perciò il viaggio in questo mese di marzo fatto di musica e
riflessione.
Rossella Pensiero
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