mercoledì 11 dicembre 2024

Circolo dei lettori: I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni

 

Sabato 16 novembre scorso ha avuto luogo il Circolo dei lettori dedicato a I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni, Premio Campiello nel 2022.
Un romanzo che ha riscosso un certo consenso fra i soci, anche per l'interessantissima scelta di affidare ad animali del bosco la narrazione di difficoltà ed interrogativi tipici dell'essere umano.
La chiacchierata è avvenuta nel foyer della Klappei, ormai nostro porto sicuro per proiezioni ed incontri.
Il prossimo romanzo da discutere insieme sarà Chi dice e chi tace di Chiara Valerio, nel mese di gennaio 2025.

Vi proponiamo qui sotto le foto dell'incontro, una recensione del romanzo del socio Ludo Gysen.



Il romanzo I miei stupidi intenti racconta la vita di una faina. È la storia di un animale diverso da tutti. Archy è nato in una notte d'inverno. Dopo la morte del padre vive in povertà con la madre e quattro fratelli e sorelle. Si ferisce in una caduta e diventa zoppo , dopo di che, diventa inutile per sua madre e lei lo scambia con la volpe Salomon per un pollo e mezzo. Il suo nuovo padrone è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, tavoli, letti, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d'altronde è la natura. 

 

Inizialmente, Archy viene trattato crudelmente dalla volpe, ma un giorno racconta ad Archy di Dio. Salomon ha un segreto: un libro sulla parola di Dio. La volpe sa leggere e scrivere e insegna anche Archy a leggere e scrivere. Archy prende così coscienza della morte e della crudeltà della giustizia divina. Non è più un semplice animale che vive solo nel presente. Sa quale sarà la sua destinazione finale: la morte. Si accontenta di essere prima allievo e poi maestro di questo sapere segreto.

 

Il romanzo di Zannoni si sviluppa così in una scelta fra l'essere animale e l'essere umano. Il mondo animale è quello della sopravvivenza, dell’istinto, dell’incoscienza. Appare come una crudeltà ma la natura è così. L’umano invece è tutto ciò che è consapevole e guidato dal suo destinoL'uomo è superiore – per elezione divina – nella comprensione del mondo ma anche debole nel continuo ripensare all’esistenza razionale. Archy si sente intrappolato tra le sue intuizioni acquisite e il suo istinto. Desidera essere un vero animale, libero dalla maledizione della consapevolezza della propria mortalità. Archy dice: "I grandi dilemmi che me avevano afflitto sono: il Prima e il Dopo, Dio e la Morte". Questi non sono problemi in un'esistenza da animaleAlla fine del libro, davanti alla morte, Archy ha avuto il coraggio di sentirsi un vero animale.


La conoscenza è forse una condanna? L’ignoranza è una forza? Queste domande esistenziali sono destinate anche al lettore. Per quanto riguarda a Archy, lui non guadagna niente dalla parola di Dio; non si illude come Solomon di avere davanti a sé un destino di salvezza. Alla faina-apprendista non resta che una cosa, l’unico lascito del padrone e maestro: la scrittura. Finisce di scrivere la propria storia. Dice: “Più scrivo, più l’ossessione della morte si fa leggera. La sconfiggo ad ogni pagina, specchiandomi nel colore, nelle linee che traccio”.  La scrittura ci può salvare o, quantomeno, può farci illudere di star sconfiggendo la morte mentre lasciamo un marchio indelebile per i posteri.


Ludo Gysen