lunedì 21 giugno 2021
venerdì 18 giugno 2021
INTERVISTA A PASQUALE PASSARETTI, LOREDANA ANTONELLI E LADY MARU AUTORI DI TWITTERING MACHINE 6/06/2021
Domenica 6 giugno alle ore 19.30 l’Istituto Dante Alighieri di Anversa, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, ha avuto il piacere di intervistare il gruppo autore di Twittering Machine, trasmesso online sui social dell’IIC Bruxelles dal 4 al 11 giugno, e già vincitore del premo PimOff. Sono intervenuti, tra gli altri, Emiliano Manzillo, Marleen Willems, Ann Pierssens, Lucia Morin e Myriam Van Hille della Dante di Anversa; i tirocinanti Erasmus+ della Dante di Anversa Manuela Caianiello, Camilla Dore, Riccardo Magagna, Monica Melis e Federica Pinna, il Revisore dei conti della Dante di Anversa Andrea De Luca, ma in veste di rappresentante dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles diretto da Paolo Sabbatini.
Gli autori sono parte del Collettivo ADA, e in questo caso si tratta di un trio formato dall’attore e regista Pasquale Passaretti, la visual artist Loredana Antonelli e la musicista Lady Maru. La performance Twittering Machine, racconta in maniera tragicomica la storia di un dipendente di una multinazionale che, a causa di un tragico imprevisto presso la sua sede lavorativa, è costretto a trattenersi in ufficio più del dovuto. Un imprevisto che innesca nel protagonista una serie di riflessioni sul senso delle proprie azioni quotidiane. Attendere il treno per andare al lavoro, bere un caffè nel bar della stazione, ascoltare distrattamente una conversazione in un luogo pubblico, leggere i post del social network preferito, si rivelano contenitori di crudeltà. L'individuo contemporaneo applica e subisce la pratica del male in situazioni ritenute normali in cui tutto sembra lecito perché tutto è normale.
È
uno spettacolo in cui assistiamo alla performance di un solo attore all’interno
di un contesto multimediale perché abbiamo l’uso di diverse tecnologie, abbiamo
un legame molto forte tra la persona in scena e le altre che contribuiscono
alla realizzazione dello spettacolo. Se dovessimo parlare in termini
cinematografici, potremmo dire che mai come in questo caso possiamo vedere una
forte interazione di filmico e profilmico, cioè tra quello che c’è di fronte
alla macchina da presa e quello invece che sta dietro di essa.
Attraverso
le nostre domande abbiamo cercato di trovare riposte alle curiosità che sono
nate in noi dopo la visione della performance teatrale. Si sono affrontati temi
molto interessanti come la potenzialità dei nuovi media nel teatro
contemporaneo e riflessioni, soprattutto nella parte finale della
chiacchierata, sull’infelice situazione nella quale la pandemia ha trascinato i
lavoratori del mondo dello spettacolo.
Come mai avete scelto di narrare questa storia in questo modo, attraverso queste tecnologie?
Pasquale: “È uno spettacolo che nasce dall’idea di raccontare la realtà partendo da un punto comune che è il quadro “Twittering Machine” di Paul Klee. Quadro del 1922 che nella sua semplicità è molto contemporaneo. L’idea era quella di fare teatro, visual e musica avendo come punto di riferimento un’altra cosa ancora: un quadro. Ognuno di noi ha fatto uno studio personale, relativo ai propri ambiti, sull’opera che è il nostro punto in comune. Quest’analisi ci ha fatto appassionare alla figura di Paul Klee, il quale era un pittore ma anche un musicista che ha trascorso molto tempo della sua ricerca sullo studio delle connessioni delle arti come la musica, la pittura e la letteratura”.
L’opera
di Paul Klee ha diviso la critica, ma qual è stata la vostra interpretazione
personale del quadro?
Loredana:
“Sembra che Klee
abbia eseguito quest’opera mentre insegnava alla scuola d’arte Bauhaus. Sembra anche
che l’artista non si trovasse tanto bene nell’ambito accademico e una delle
interpretazioni del suo quadro vuole che questi uccelli stilizzati
rappresentino proprio delle figure che facevano parte del suo ambiente
accademico. Questa è una delle strade che anche noi abbiamo seguito analizzando
il quadro, ovvero che in un contesto lavorativo in cui non ci si trova per
nulla bene, ci si ritrova a far parte di un ingranaggio, classico stile Tempi
Moderni, in cui non possiamo che far parte di esso e muoverci in questa
struttura. Pasquale in scena si comporta un po' così, come se non potesse fare
a meno di compiere certi gesti. Ciò rappresenta un circuito, uno stress
continuo che è quello che in varie forme proviamo un po' tutti. Io mi sono
occupata dei visuals dello spettacolo. Il tema che ho raccontato è una cosa che
ritorna anche nel mio lavoro tecnologico che viene definito “video-generativo”
cioè è un programma che genera automaticamente le istruzioni che dà l’essere
umano e in qualche modo circola e si autogenera. C’è quindi una similitudine
tra noi che ci troviamo in questo ingranaggio e il mezzo tecnico che viene
utilizzato, il quale si autoriproduce e in cui non c’è né un inizio e né una
fine”.
Lady Maru è la realizzatrice della parte musicale elettronica e sonora della performance. In questo tipo di spettacolo come hai lavorato alla composizione delle musiche? Esse sono state prodotte in sincrono oppure si sono seguite altre strade?
Lady
Maru: “La tecnica
della composizione elettronica deve entrare nel testo, soprattutto se esso è
ripetitivo la musica deve seguire determinati loop, quando il testo sale anche
la sonorità deve addensarsi e al contrario deve essere più tranquilla quando la
voce si attenua, quindi la musica va in sincrono con il testo. Il programma che
ho utilizzato è gestito direttamente dal computer cioè sono dieci scene che
seguono un algoritmo che fa aumentare la musica man mano che la scena si
riempie di elementi. È un gioco di intensificazioni con dei frammenti
elettronici.
Loredana: “L’idea mia e di Maru era quella di creare un ambiente, un paesaggio, in cui si muovesse questo “uccello” che è Pasquale, quindi è come se fosse un grande quadro in cui a differenza dell’opera di Klee, sentiamo il cinguettio degli uccelli. Ovviamente è tutto astratto, è un paesaggio interiore. I sentimenti del protagonista si riflettono nelle immagini e nei suoni. È come se l’attore fosse un pixel di un Iphone, cioè è una sorta di ambiente virtuale ma reale. Lo spettacolo è tutto fatto dal vivo, sia la musica che il visual. Nulla è registrato. Questa è la nostra interpretazione di un quadro in chiave del 2022.”
Pasquale: “L’episodio del dipendente della multinazionale è un episodio che ho rubato dalla realtà. Io lavoravo in una grossa azienda a Roma e durante la pausa fumavo una sigaretta nel cortile. Un giorno, durante la pausa, una persona giovane di 35 anni si butta dal tredicesimo piano. Mi sono ritrovato con gli altri colleghi a sentire il tonfo di una persona che cade. Da questo episodio abbiamo pensato come le persone non siano per niente empatiche. Quando succedono queste cose molto tristi per cui una persona che ha problemi interiori decide di suicidarsi buttandosi sotto un treno o una metropolitana, la prima reazione della gente è pensare che a causa di quell’incidente arriveranno in ritardo a lavoro. È una sensazione istintiva, normale, che evidenzia come siamo fatti noi essere umani. Non dico di fare del pietismo gratuito, però se ci riflettiamo quella è una tragedia vera e propria, ma ciò che interessa a noi è fare tardi per andare al lavoro o per tornare a casa. Non voglio dare un giudizio sul fatto che siamo buoni o cattivi, però è una cosa che succede dentro di noi. Anche questo è un elemento dello spettacolo che ci ha affascinato in qualche modo. Lo scopo del nostro spettacolo è sì fare uno spettacolo astratto, però molto chiaro, che racconti il più possibile della vita, cercando di utilizzare meno metafore possibili oppure che siano chiare. Abbiamo raccontato un caffè al bar in cui ci sembrava più tragico l’atteggiamento del barista nei confronti del cliente che non vuole andare via, piuttosto che parlare della tragedia intima personale di ognuno di noi. A noi interessa capire cosa ci arriva della vita che ci circonda. Le storie che raccontiamo devono essere un veicolo, un mezzo per far arrivare un messaggio.”
Loredana: “Abbiamo cercato di trovare la maniera più sobria per inserirli, dato che per tradizione ci sembra sempre un elemento che disturba l’attenzione sull’immagine. Devo dire, però, che vedere un filmato editato con il sottotitolo è una cosa completamente diversa rispetto alla forma per cui è nato il nostro lavoro che essendo una performance è creato per la scena. Io ho visto spettacoli a teatro con i soprattitoli, tipo quelli a neon che scorrono, e non mi dispiacciono per nulla perché non invadono quello che avviene all’interno della scatola scenica, anzi permette ad una persona che non conosce la lingua di seguire e capire lo spettacolo perfettamente. Bisogna sempre capire come far diventare il sottotitolo organico con quello che succede nella scena. Per Twittering Machine ho cercato di rendere il sottotitolo il più funzionale possibile e facile da leggere, perciò ho inserito una banda nera. È una questione che sembra banale ma non lo è per niente.
Pasquale:
“Quando noi
proviamo una performance ci diciamo sempre che nessuno deve stare al servizio
di nessuno, quindi anche la decisione di inserire una canzone è stata fatta per
mischiare un po' le carte. La scelta di eseguire tutto dal vivo, sia visual che
musica, è un qualcosa di obbligatorio per noi, sennò è come se non stessimo
utilizzando i media. L’utilizzo dei media per questo tipo di spettacolo è
necessario perché vuole raccontare ciò che ci gira intorno, non può quindi non
parlare di Whatsapp o dei social media come Facebook; allo stesso tempo la
contemporaneità è fatta di musica elettronica e immagini astratte.”
Loredana: “Questa è una domanda che in varie forme ritorna perché è una questione cruciale. Mi viene in mente una frase bellissima: “ogni opera d’arte in realtà è come un campo di battaglia ed è il risultato di una guerra tra quello che è il proprio desiderio e gli strumenti, i mezzi che si hanno per realizzarla”. Inevitabilmente l’insieme delle cose che uno sa fare si scontra con i limiti della tecnologia, perciò in quel momento si cerca di utilizzare tutto ciò che è più utile a finalizzare la mia idea che sia un messaggio di Whatsapp o una proiezione piena di colori, va bene qualsiasi cosa. È anche vero che a volte è il mezzo che riesce a sorprenderti”.
Ascoltando
le musiche, ci sembra di essere riportati in un’atmosfera mitteleuropea da fine
anni ’90 inizio anni 2000. Hai avuto presente qualche musica in particolare?
Qualche punto di riferimento? C’è qualche musicista che ti ha ispirato quando
hai letto il testo della performance o hai intrapreso un percorso ex novo?
Lady
Maru: “No, per
questo spettacolo non mi sono ispirata a nessuno in particolare. Con questa
domanda mi fai riflettere sul fatto che a fine anni ’90 e primi anni 2000, ho
iniziato a comprare i primi dischi di musica elettronica. Thomas Brinkmann e
gli autori di tutta la Compact li conosco abbastanza bene, ma non ho mai
pensato di arrivare a quei livelli lì. Sicuramente rispetto ad alcune cose che
sto facendo ora, che sono più dark, per Twittering Machine, nonostante
alcune scene fossero tragiche, c’era comunque una certa leggerezza, perciò ho
evitato suoni troppo pesanti. Ho usato suoni di elettronica leggera che nella
scena finale finiscono in “house down tempo” un po' Detroit. La musica è più
visionaria che pesante e triste.”
Pasquale:
“La nostra
operazione creativa era proprio quella di partire dal quadro di Paul Klee.
Inizialmente abbiamo proprio evitato di informarci su di esso; lo abbiamo visto
e da lì abbiamo fatto una piccola improvvisazione. Abbiamo letto le varie
critiche che sono state fatte al quadro ed effettivamente venivano fuori dei
punti di vista diversi che, però, avevano in comune proprio l’idea
dell’ingranaggio, del far parte della forzatura. Allo stesso tempo il dipinto
risale al 1922, l’anno dei primi cartoni animati in bianco e nero, e durante la
performance, infatti, ne nomino qualcuno, è come se Klee avesse assorbito un
po' quell’immagine dei cartoni che si stava facendo spazio nel mondo. Se guardiamo
bene il quadro, i quattro uccelli ricordano un po' lo stile di questi primi
cartoni animati. Da questa suggestione inevitabilmente è caduto dentro anche
Paolo Villaggio. Io personalmente ho visto dei Fantozzi per analizzare
la parte più ridicola della questione dell’impiegato. Quando si parla di lavoro
è inevitabile affrontare questioni relative all’alienazione, alla voglia di
liberarsi da qualcosa che non si ama e che è solo uno strumento per
sopravvivere. Sicuramente c’è un’influenza di tutta la letteratura
novecentesca, però, il concetto che vogliamo scavare sempre di più è quel
fastidio di fondo che c’è attorno al rito del lavoro come il fastidio di dover
prendere il treno per raggiungere l’ufficio ogni mattina. All’interno dello
spettacolo dico una frase: “ci vorrebbero le grate come in Cina”; tutti e tre
abbiamo letto diversi articoli di cronaca relative al lavoro, ci ricordiamo
infatti che qualche anno fa nell’aziende high-tech cinesi sono state messe
delle grate alle finestre per evitare che le persone si suicidassero. Il nostro
scopo è quello di trovare delle piccolezze che poi in realtà diventano
grandezze. Il lavoro ti organizza la settimana e quindi ti basta un ritardo il
venerdì e ciò ti fa “prendere male” i programmi che avevi, innervosendoti per tutto
il weekend”.
Ci
sono all’interno della performance dei momenti che hanno dei parallelismi. Ad
un certo punto l’attore dice che i corpi cadono nel vuoto con la stessa
accelerazione indipendentemente dalla loro massa, poi in un altro passaggio si
dice che se sei una persona che odia la notte dopo un brutto sogno la prima
cosa che fai è odiare, se sei una persona che ama la notte dopo un brutto sogno
la prima cosa che fai è amare però tutti e due tendono alla morte.
Pasquale:
“La prima frase è
una legge di Galileo Galilei, la sentiamo nel primo vocale Whatsapp. Questa
legge la inseriamo all’interno di una serie di messaggi che non c’entrano nulla
come trovare parcheggio, ed è anche questa una caratteristica del mezzo Whatsapp
e del mezzo internet in generale, ovvero il fatto che andiamo da un articolo
molto interessante a cose più stupide e questo passaggio avviene in maniera
molto veloce. Questo avviene soprattutto quando scrolliamo la home dei social
network, ove si può passare da notizie molto serie ad immagini comiche e buffe
in attimo.
La
seconda frase era diventata anche una sorta di scherzo mentre facevamo le
prove, perché ogni cosa che facevamo dicevamo “va bene, ma ricordati che puoi
tendere alla morte”. Alla fine, bisogna ironizzare sul concetto di morte.
Assieme
allo spettacolo Binario 2, Twittering Machine è già il secondo
spettacolo in cui ironicamente e quasi senza accorgersene il protagonista si
suicida. Perché?
Pasquale:
“Sono felice di
rispondere a questa domanda perché io sono una persona molto solare e per
niente presa male della vita. I miei protagonisti muoiono perché finisce
un’avventura, muoiono sul palco. L’idea di far morire un personaggio
cinicamente fa allungare la vita a me”
Ci
auguriamo di vedere lo spettacolo anche nella versione definitiva, siamo
curiosi di vedere come evolverà il progetto. Voi ad ottobre sarete a Milano,
avete anche una deadline per terminare lo spettacolo?
Pasquale:
“Sì, noi stiamo
seguendo questo percorso assieme al PimOff di Milano che ci ha conferito questo
premio e ci aiuterà nella produzione dello spettacolo che arriverà a durare 50
minuti o un’ora prima rispetto ai 30 minuti di oggi. Ad ottobre saremo ospiti
in un teatro a Milano dove lavoreremo per allungarlo e debutteremo lì ad opera
finita. Successivamente, pandemia permettendo, presenteremo lo spettacolo a
Roma”.
In questo periodo in Belgio sono stati stanziati 35 milioni di euro per le produzioni di spettacoli teatrali e musicali, in maniera un po’ confusa e poco logica, ma in Italia è stata adottata qualche piccola forma per permettere agli artisti di continuare a fare il loro lavoro online o in condizioni di sicurezza?
Pasquale,
Lady Maru e Loredana: “Ci
hanno aiutato poco ed individualmente, nel senso che ci sono stati dei piccoli
sussidi dati singolarmente agli artisti, ma non si è parlato di soldi per i
progetti, almeno per ora. Io, Maru e Loredana abbiamo anche seguito tutto il
fomento che c’è stato in Italia in merito alla richiesta dello Stato di
iniziare un’intermittenza alla francese. C’è stato, quindi, un dibattito molto
vivace su questa situazione, tanto che a Roma hanno occupato anche un teatro
simbolicamente chiedendo di cambiare un po' questa situazione. Sono messi
peggio degli attori i musicisti, ad esempio i dj ad oggi continuano a non
lavorare. I politici non capiscono il lavoro creativo, cioè che è diverso fare
l’interprete o fare l’autore, o il dj o l’attore, sono tutti settori che non
possono essere messi insieme perché differenti tra loro. Il riconoscimento di
una categoria avviene su base economica ma anche su base vaccinale, ad esempio
non c’è stata una campagna che dicesse di vaccinare i lavoratori del mondo
dello spettacolo perché entrano in contatto con il pubblico. Non è mai stata
accennata l’idea di vaccinare gente come attori, musicisti, dj. Si sono spesi
tantissimi soldi per i pannelli in plexiglass per poi richiudere subito di
nuovo i teatri. Ora questi pannelli non si sa come verranno smaltiti. La cosa
più ingiusta è che non si preveda di farci tornare a lavorare in sicurezza, che
preveda dei vaccini anche per noi. Ora la campagna vaccinale procede bene
quindi lo faremo il prima possibile, però sono state fatte delle scelte un po'
strane. Altra cosa ingiusta è che i grossi eventi sono considerati uguali a
quelli più piccoli, questo non può essere. Non ci sono stati aiuti burocratici,
perciò è normale che i grandi eventi hanno avuto più facilità nel reperire dei
soldi mentre quelli più piccoli no. In Italia, infatti, i grandi eventi verranno
fatti quest’anno, ma gli altri no perché non sono riusciti ad ottenere degli
incentivi. Questo perché si è aiutato gli eventi in base al numero di artisti
coinvolti, dimenticando che i piccoli festival possono creare degli indotti
economici molto grandi perché fanno aumentare la gente che va nei bar o nei
ristoranti di quel determinato paese, quindi si crea comunque economia. Quello
che manca sono delle figure che veramente sanno di cosa stanno parlando, perché
conoscono le realtà locali e sanno fare le giuste valutazioni in base ai bisogni
reali. Purtroppo, la politica attuale non è interessata ad investire in un
discorso del genere”.
Ringraziamo immensamente tutti coloro che hanno partecipato a questa intervista. Ringraziamo Pasquale, Lady Maru e Loredana per aver condiviso con noi il loro spettacolo. Ricordiamo che uno spettacolo teatrale ha dei costi molto molto elevati, quindi ringraziamo ADA per aver trovato una soluzione accessibile. Il passaggio dello spettacolo Twittering Machine sui canali Youtube e Facebook è stato finanziato dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles. Il nostro augurio è quello di rivedervi al più presto, sperando stavolta di poter godere della performance dal vivo magari con un teatro gremito di gente. Chiudiamo con una citazione di Jacques Copeau che può essere motivo di riflessione per tutti noi: “Il teatro per chi lo fa veramente non è solo un lavoro, ma una necessità, l’essenza della propria vita, la necessità di rappresentare sulla scena le contraddizioni, ipotesi, emozioni, creare una relazione unica con lo spettatore e non accettare i dogmi per quello che sono, ma metterli in discussione. Il teatro non nasce dove la vita è piena, il teatro nasce dove ci sono delle ferite”.
IN ITALIA NON ESISTE SOLO IL CALCIO! DIAMO VOCE AGLI SPORT: LA PALLACANESTRO ITALIANA
È risaputo che in Italia lo sport per eccellenza è il calcio. Purtroppo, questo porta molti cittadini ad avere l’attenzione su quest’attività sportiva a discapito di molte altre realtà. In Italia esistono tantissimi altri sport e in alcuni di essi, le nostre squadre eccellono a livello europeo e mondiale.
Attraverso questa presentazione si cercherà di dar voce alla pallacanestro italiana partendo dalle sue origini e arrivando fino ai giorni nostri, focalizzandoci anche su alcuni episodi interessanti che sono accaduti su campo da basket.
Conferenza Zoom di Riccardo Magagna
tirocinante Erasmus+ della Dante di Anversa
Giovedì 24 giugno ore 16
Topic: La pallacanestro italiana
Time: Jun 24, 2021 04:00 PM Antwerp
Join Zoom Meeting:
https://zoom.us/j/98616769413?pwd=eDI2VTdZZm11YU0vYUtzRDVTN0VrQT09
Meeting ID: 986 1676 9413
Passcode: VeDjt5
Il colibrì, di Sandro Veronesi, recensione del socio Bruno Solignac
Il colibrì, di Sandro Veronesi
Ecco un capolavoro di narrazione e di stilismo! E la storia è tanto ricca che si potrebbero dedicare diverse tesi di laurea a questo libro.
La caratteristica più
ovvia è probabilmente l’uso di parecchi stili: messaggini, lettere,
conversazioni presentate in discorso diretto, pensieri psicologici e filosofici
del narratore. L’insieme contribuisce alla credibilità presso un pubblico del
ventunesimo secolo.
La narrazione non segue il classico ordine lineare logico-cronologico,
anzi, sebbene a volo d’uccello
il lettore assista allo sviluppo del protagonista, Marco Carrera, dalla sua
infanzia alla sua morte, nel percorso, parecchi passi tornano indietro e alla
fine, anche, anticipano il futuro. Sembra quasi come se il narratore avesse voluto offrire al lettore
i pezzi del puzzle che occorre risolvere. Così si diventa coinvolti nella
narrazione tramite la lettura. Ciononostante, è sempre il narratore onnisciente
che conduce la barca in porto.
Se per sua madre, Marco è
un colibrì a
causa della sua fragilità e della sua agilità che dunque lo caratterizzano
simultaneamente per una inferiorità ed una superiorità in rapporto ai suoi
coetanei, per Luisa, la sua amante, è una roccia di stabilità nella sua vita
tanto turbante quanto turbata.
I personaggi femminili
che stimolano Marco a oltrepassarsi sono Adele e Miraijin, rispettivamente sua
figlia e sua nipote. Si investe nella relazione con esse in un ruolo paterno
pressoché divino. In effetti, Marco è difatti indispensabile per la stabilità mentale di
Adele e, d’altra parte, si crede indispensabile perché Miraijin possa compiere
la sua missione messianica portando l’umanità a un nuovo livello evolutivo. In
giapponese, Miraijin significa proprio “uomo del futuro”. Le caratteristiche
che Marco le attribuisce prendono dimensioni mitiche e potrebbero indebolire la
credibilità del personaggio Miraijin per chi volesse leggere Il colibrì
come un romanzo psico-realistico che ovviamente non è.
Mi è venuta in mente
un’associazione forse fortuita con il personaggio Nadja dell’omonimo
romanzo surrealista di André Breton. Nadja simbolizza la speranza
dell’umanità, ma, scrive Breton, analogicamente al suo nome (Nadja è
l’abbreviazione di Nadjezda ossia la speranza in russo) ne costituisce
soltanto l’inizio. Vediamo se Miraijin saprà condurci più avanti.
Bruno Solignac
17 giugno 2021
sabato 5 giugno 2021
Club di lettura del 5 giugno: Il colibrì
Dopo qualche rinvio, siamo riusciti finalmente a parlare del Premio strega 2021, Il colibrì, di Sandro Veronesi, romanzo non semplice, secondo i soci, ma stimolante e carico di spunti di riflessione sull'uomo che abita la società contemporanea.
Ecco due citazioni che hanno animato la discussione di stamattina:
Quando siamo colpiti dal lutto censuriamo la nostra libido, mentre è proprio quella che può salvarci. Ti piace giocare a pallone? Giocaci. Ti piace camminare in riva al mare, mangiare la maionese, dipingerti le unghie, catturare le lucertole, cantare? Fallo. Questo non risolverà nemmeno uno dei tuoi problemi ma nemmeno li aggraverà, e nel frattempo il tuo corpo si sarà sottratto alla dittatura del dolore. Devi cercare di salvare dal naufragio tutte le cose che ti piacciono.
Dovrebbe essere noto – e invece non lo è – che il destino dei rapporti tra le persone viene deciso all’inizio, una volta per tutte, sempre, e che per sapere in anticipo come andranno a finire le cose basta guardare come sono cominciate.
I complimenti vanno al nostro Andrea De Luca, che ha sapientemente gestito la discussione, offrendo vari input ai presenti per analizzare il senso di ciò che Veronesi ha raccontato in questo suo romanzo di grande successo. E grazie, soprattutto, ai soci: della partecipazione e della voglia di sfidare continuamente i testi proposti.
Napoli svenduta. Le conseguenze del turismo di massa, conferenza Zoom di venerdì 28/05
In
data 28/05/2021 la tirocinante Erasmus+ Manuela Caianiello ha tenuto una
conferenza online dal titolo “Napoli svenduta”, in esclusiva per i soci della
Dante di Anversa.
Nata
e vissuta a Napoli, Manuela ha notato, soprattutto negli ultimi anni, un
radicale cambiamento nel tessuto urbano e sociale della città, dovuto al
moltiplicarsi del fenomeno turistico. Oggetto della conferenza sono proprio le
conseguenze del turismo di massa nella città di Napoli. Manuela inizia la sua
presentazione analizzando in maniera chiara e puntuale tre grandi filoni
tematici: la turistificazione, la gentrificazione e la brandizzazione.
Con
turistificazione si intende una forma particolarmente aggressiva di turismo,
legata esclusivamente all’economia. Con tale termine ci si riferisce, quindi,
alla tendenza di rendere una città una merce di scambio, considerando il turista
come un mero consumatore. Il fenomeno della turistificazione nasce nel momento in cui in un
luogo si verifica un importante flusso turistico e ha delle gravi ripercussioni
sul tessuto urbano e sociale delle città. Nel caso di Napoli, il fenomeno è
sorto in seguito al boom economico e turistico degli ultimi anni. La città
partenopea è diventata una meta turistica molto richiesta, così come confermano
i dati raccolti dall’Istat e da Federalberghi che posizionano il capoluogo
campano all’undicesimo posto tra le città più visitate d’Italia e al sesto
posto tra le città d’arte più ricercate dai turisti. Altro grande vantaggio per
la città di Napoli è la sua vicinanza a uno dei siti archeologici più famosi
del mondo: Pompei. Sono circa cinque milioni i turisti che hanno visitato
Napoli solo nel 2018; numeri importanti che Manuela approfondisce in maniera
precisa, mostrando un grafico in cui si evidenzia la crescita esponenziale che
ha vissuto la città tra il 2010 e il 2018, anche in relazione ad altre città
d’arte quali Roma, Milano, Firenze, Venezia. Inoltre, dal 1995 il centro
storico di Napoli è considerato Patrimonio dell’Unesco e con i suoi 1020 ettari
e 283 siti costituisce il sito Unesco più esteso d’Europa.
Il
secondo filone tematico ha come protagonista la gentrificazione, si tratta di
un fenomeno socioculturale che caratterizza la nostra contemporaneità e consiste nella
trasformazione del tessuto urbano e sociale della città. Nel caso di Napoli, in
particolare, sono cambiati gli abitanti e l’estetica di alcuni quartieri
storici. A partire dal 2016, sempre più cittadini, soprattutto benestanti, hanno
iniziato ad acquistare immobili nei quartieri centrali della città, per poi
affittarli ai turisti; tutto ciò ha comportato un graduale spopolamento di
alcune zone. È esploso il fenomeno dei B&B e delle strutture ricettive extra
alberghiere. Non a caso Napoli si attesta come la seconda città d’Italia per densità
dell’offerta alberghiera e tra il 2014 e il 2018 circa 5000 appartamenti sono
passati dall’uso abitativo all’uso ricettivo. Manuela affronta, quindi, il tema
dell’emergenza abitativa: il 50% della popolazione a Napoli è in affitto, i
prezzi degli affitti sono in continuo aumento data l’alta richiesta dei turisti
e questo diventa un problema per le persone locali, che non possono contare su
un affitto stabile.
Viene
poi affrontato un terzo filone tematico: la brandizzazione, un vero e proprio
neologismo entrato nel lessico italiano e presente nel vocabolario italiano da
circa dieci anni. Brandizzare una città significa trasformarla
in un marchio, sfruttando gli stereotipi e cercando di vendere (o svendere)
un’immagine illusoria del luogo. Invece di investire sulla valorizzazione e
sulla cura del patrimonio storico artistico, si tende a vendere un’esperienza
non reale. In questo modo, non si entra a contatto con le vere tradizioni del
luogo e l’autentica cultura napoletana si trasforma in un abito cucito su
misura per il turista di turno. Manuela, per avallare la sua tesi, utilizza una
breve frase tratta dal “Piano marketing per lo sviluppo economico turistico
della città di Napoli” che ben riassume la direzione che sta prendendo il
turismo nel capoluogo: “Il turismo è in
costante trasformazione, in quanto deve continuamente adeguarsi alle esigenze
dei turisti, offrendo loro le esperienze che richiedono”.
A
questo punto, la tirocinante Erasmus+ si sofferma in maniera interessante sul
settore gastronomico della città, ponendolo sempre in relazione alle
sfaccettature che l’accoglienza turistica ha assunto. Negli ultimi anni a
Napoli sono sorti numerosi nuovi esercizi legati alla ristorazione, che hanno
contribuito a trasformare la morfologia urbana del capoluogo. Manuela propone
una serie di immagini esplicative, che evidenziano il prima e il dopo di certe
zone e certi esercizi commerciali, con tabaccherie in Via San Biagio dei Librai
che diventano esercizi gastronomici, oppure di Via Toledo, dove un negozio di
sfogliatelle può sostituire un vecchio negozio di scarpe, o ancora di una storica
libreria scolastica in Via San Sebastiano che lascia il posto a un lounge bar.
Un
altro cambiamento nel paesaggio urbano è ben rappresentato dal nuovo
significato che è stato attribuito ai “bassi”, chiamati in napoletano Vasci. Si tratta appunto di abitazioni
tipiche, legate agli strati più poveri della popolazione. La caratteristica di
questi alloggi è che sono posti al piano terra e affacciano direttamente sulla
strada. Generalmente sono piccoli, ai limiti dell’abitabilità, poco arieggiati
e mal illuminati, e ospitano famiglie numerose. Manuela accompagna la
spiegazione di questo aspetto caratteristico di Napoli con delle illustrazioni
e mostra al pubblico la scena del film di Vittorio De Sica Ieri, oggi e
domani, che ben rappresenta la realtà dei vasci di un tempo. Essi,
con l’ondata turistica, sono stati trasformati in B&B, bar e ristoranti.
Segue
un primo breve momento di riflessione; Manuela si interroga, infatti, sul perché
il turismo debba comportare la svendita di una località. Il problema non è dei
singoli che hanno voluto o dovuto adattarsi all’ondata turistica, ma secondo la
nostra Erasmus+, il problema è molto più profondo. A suo parere, sarebbe più
utile pensare a finanziare attività di recupero di alcuni luoghi abbandonati
della città, implementare attività atte a preservare il patrimonio
storico-culturale e continuare con la ricerca di nuovi siti archeologici.
D’altro
canto, il turismo, fenomeno complesso e allo stesso tempo molto affascinante,
porta con sé anche una serie di aspetti positivi che non per forza si legano a
un tornaconto economico. Un esempio riscontrato nella città partenopea e
brillantemente illustrato da Manuela è quello relativo all’illuminazione della
città, non solo in senso metaforico, ma anche letterale. Negli ultimi anni sono
state illuminate alcune zone: i Quartieri Spagnoli da zona losca, luogo di
rapine ed episodi criminali, si sono trasformati in una sorta di villaggio
turistico e sono diventati centro della movida cittadina. In relazione a questi
aspetti legati alla malavita, aggiunge Manuela, è inevitabile pensare al ruolo
svolto dalla camorra nell’apertura delle numerose attività di ristoro; dove c’è
guadagno, spesso la camorra svolge un ruolo di primo piano. Manuela, per
concludere questa parentesi, cita una frase del presidente di Libera Campania,
Mariano Di Palma, che ben sintetizza il legame tra una logica economica di tipo
turistico e la camorra: “La camorra sta
dentro le logiche dell’economia liberista e aggredisce ogni tipo di mercato”.
Nella
parte finale, Manuela dà risalto alle forme di resistenza portate avanti dai
cittadini per rispondere ai fenomeni sopraelencati e nomina varie associazioni
che si impegnano a cercare alternative all’impetuoso mutamento urbano. Cita in
particolare quattro movimenti collettivi: S.E.T., Santa Fede Liberata,
Movimento Campania e FarmVrè, spiegandone i diversi modus operandi. Il discorso
prosegue con la presentazione di due episodi esempio della cosiddetta “resistenza
napoletana”. Il primo è quello di Palazzo Penne, un palazzo rinascimentale
fondato nel 1406 che ha ricevuto nel 2019 lo stanziamento di 10 milioni di euro
per la sua ristrutturazione. Il risvolto negativo di questa vicenda sta nel
fatto che l’amministrazione non ha preso in considerazione il parere dei
cittadini, ma grazie all’azione portata avanti da S.E.T. e Santa Fede Liberata sono
attualmente in corso delle consultazioni di cittadini che si riuniscono periodicamente
con il fine di presentare un progetto e avanzare proposte sul destino di Palazzo
Penne. Il secondo caso è quello del palazzo del Monte di Pietà, nato alla fine
del Cinquecento come monte dei pegni per elargire prestiti senza scopo di
lucro. Il palazzo, di grande valore storico e artistico, è stato messo in vendita
nel 2017 e l’imprenditore che si è proposto di acquistarlo ha avanzato l’idea
di trasformarlo in un albergo di lusso. Ancora una volta, Santa Fede Liberata, l’associazione
culturale Italia Nostra e l’amministrazione si stanno occupando di impedire la
vendita del palazzo e garantire la funzione sociale e museale del bene.
Inevitabilmente,
quando si parla di turismo non si possono non menzionare le conseguenze della
pandemia. Manuela fa notare che chi ha subito maggiormente la crisi non sono
tanto i proprietari dei B&B e delle strutture extra alberghiere, che si
sono potuti reinventare facilmente attraverso affitti a lungo termine, quanto i
musei, i siti archeologici e i proprietari delle strutture alberghiere vere e
proprie rimaste chiuse a causa dell’impossibilità di spostamento imposta dalle
misure restrittive. Altra considerazione che riguarda la città di Napoli è
relativa alla densità di popolazione. A differenza di altre città come Venezia
o Firenze in cui la pandemia ha provocato un vero e proprio spopolamento,
Napoli non è andata incontro allo stesso destino. A conferma di ciò, una
recente foto che mostra una folla di persone locali durante la tipica passeggiata
sul Lungomare. A rimarcare il legame tra la città e la popolazione, inoltre, è
significativo il fatto che a Napoli il turismo non abbia portato le grosse
catene come McDonald's, Burger King, Starbucks come in altre località, dunque persino
la turistificazione a Napoli è avvenuta in salsa partenopea.
Per concludere, Manuela fa riferimento ad alcuni punti del “Piano nazionale di rinascita e resilienza” presentato dal Governo italiano, con la speranza che non rimangano solo parole. Il primo punto sostiene che l’attenzione dovrebbe esser concentrata sulla qualità dei servizi offerti e non sulla quantità. Si dovrebbe, quindi, intervenire sul patrimonio culturale restituendo ai cittadini beni di valori storico e artistico; fronteggiare l’omologazione dell’offerta; rispettare il paesaggio urbano, le attività e le tradizioni nate nel territorio. Bisognerebbe, infine, regolamentare e monitorare piattaforme di home sharing e cercare di avere più garanzie da parte dei locatori. Il settore turistico deve essere una risorsa, sostiene giudiziosamente Manuela, e può esserlo anche perché dà lustro al lavoro svolto da professionisti di vari settori. A tal proposito, mostra un documentario sulla recente scoperta di una villa a Pompei e sui lavori che sono stati svolti ad opera di una squadra di storici e archeologi.
La conferenza termina con una conclusione ponderata: il turismo è un valore per il territorio, nonché una fonte di ricchezza che dovrebbe contribuire allo sviluppo economico e sociale di un luogo, creando nuove occupazioni e investendo sulla valorizzazione e sulla conservazione del patrimonio storico-culturale.
La
presentazione ha riscosso grande successo tra i partecipanti, che sono
puntualmente intervenuti con domande e osservazioni. Vari commenti hanno
riportato parallelismi tra la città di Napoli e altre città italiane che vivono
e sperimentano problematiche simili, legate al turismo di massa. Alcuni esempi
menzionati sono quelli delle città di Venezia, Firenze e Milano. Altre
osservazioni hanno riguardato l’impatto visivo che i negozi turistici
comportano nella fisionomia di una città. In questa nuova forma di turismo,
infatti, non viene quasi mai tenuto conto dell’estetica originaria e del contesto
in cui queste attività nascono. È stata poi evidenziata la doppia anima di
Napoli grazie ad alcuni interventi di spettatori partenopei che attraverso le loro
dirette testimonianze hanno spiegato al pubblico che la città custodisce sia
una zona centrale ed esclusiva, sia una zona popolare con i vasci. Manuela
ritiene possibile vivere e visitare entrambe le anime della città, sia il lato
legato alla tradizione verace e veritiera, sia quello più fittizio.
Camminando per Napoli, la Napoli autentica la si trova, occorre però
la giusta sensibilità per scorgerla. La stessa sensibilità che Manuela ha
dimostrato affrontando in maniera impeccabile un tema così importante e così serio
come quello del turismo di massa, che ogni giorno ha delle inevitabili
ripercussioni sul tessuto urbano e sociale, ma non solo, di Napoli e di tante altre
città.
Camilla Dore
Team Erasmus+ 2021 della Dante di Anversa