Alone, la vita attraverso il vetro
di Rossella Pensiero e Erminio Tota
Che cosa significa essere soli? A questa domanda ha cercato di
rispondere Domenico Catano regista del documentario proiettato sabato 20
gennaio alla Klappei. Mite e laconico protagonista del corto un uomo indiano di
mezza età che in una lavanderia a gettoni di Roma offre il suo aiuto per un
piccolo sovrapprezzo. Il sipario sulla sua giornata si alza in concomitanza con
la saracinesca e cala solo a sera inoltrata, per poi rialzarsi al mattino
seguente, rinviando a una routine estraniante fatta di gesti ripetitivi e
lunghe ore d’attesa in cui voci e volti transitori finiscono per annebbiare
l’identità stessa delle persone: “you or another is the same”, recita la frase iniziale,
“waiting I can’t”.
Nella giornata rappresentata le persone ci sono e sono anche numerose,
ma la loro presenza è solo passeggera, la loro interazione è sbrigativa o
inesistente, attraversano lo schermo da una parte all’altra con lo sguardo
dritto verso la loro meta, senza guardarsi intorno, ognuno va per la sua strada
come si vede in una delle scene iniziali. Ma anche quando a fine giornata il
negozio chiude e accanto all’entrata notiamo la presenza di un uomo immobile, i
suoi occhi sono fissi sul cellulare, le orecchie tappate dalle cuffiette, potrebbe
interagire con il protagonista, ma non si accorge nemmeno della sua presenza,
tanto da intralciarlo quasi nel suo intento di serrare l’attività.
Le inquadrature restituiscono delle immagini parziali: tagliate sono
le insegne dei negozi riflesse sulle vetrine, le indicazioni sulla fiancata del
tram, le persone che raramente appaiono a figura intera e solo per un breve istante,
così come parziale è l’inquadratura sul volantino pubblicitario del “più grande
parco di divertimenti di Roma” in stridente contrasto con l’ambiente ordinario e
modesto nel quale il volantino è esposto. Richiamo forse alla parzialità dello
sguardo del protagonista, che non partecipa alla vita ma si limita a osservarla,
circoscritto com’è il suo mondo tra il vetro della vetrina e quello degli oblò.
Ma il vetro in quanto strumento privilegiato per l’osservazione esterna
e al contempo barriera che si frappone tra noi e gli altri, è anche quello delle
auto, dei tram e soprattutto della finestra della donna, Ambra, sulla quale si sposta
l’attenzione nell’ultima parte del racconto. Nel sollevare le tapparelle e
aprire la finestra la mattina ella compie in fondo gli stessi gesti ripetitivi e silenziosi dell’uomo
e come lui, rivolge uno sguardo sul mondo esterno dalla prospettiva della sua solitudine.
Rossella Pensiero
Shahadat Hassain Kazi non è né il
gestore del wash point, né il proprietario. Egli si offre volontario nel
piegare e lavare i panni di tutti quanti in cambio di un sovrapprezzo sul
servizio. Nella prima scena vediamo degli uomini che non accettano di pagare
quest’uomo solitario, che si aggrappa alla vita in cerca di un contatto umano, seppur veloce.
Alone mette in scena delle micro storie legate al quotidiano,
intersecandole con le tematiche dell’immigrazione e lavoro. L’uso simbolico
degli oggetti, dei riflessi e dei colori, mette in moto le diverse scene generando un ritmo lineare, che
riflette il senso di ripetitività degli eventi vissuti dal protagonista
nell’arco della giornata di Kazi.
La comparsa dei personaggi
avviene spesso dopo la sequenza del passaggio del tram, elemento simbolico per
eccellenza che offre allo spettatore l’idea del movimento e
dell’attraversamento, così come da una scena all’altra. Altro elemento
simbolico è l’oblò della lavatrice in azione, che indica la circolarità del
tempo, come l’arco della giornata, ovvero il tempo rappresentato nel
documentario. Dalla musica di sottofondo del piano emerge il senso di
solitudine e di sospensione da parte del protagonista. Le immagini sono spesso
presentate come contrasto di luci ed ombre, come anche nella scena del
risveglio di Ambra.
Alone rievoca e suggerisce sensazioni
momentanee, sguardi incrociati e persi, sogni spezzati e la speranza che
qualcosa arrivi, a patto di avere la forza di attendere. Ed è proprio l’attesa
il tema centrale che si collega alle difficoltà di integrazione del protagonista,
che resta lì immobile, pronto ad afferrare lo sguardo di una speranza
passeggera.
Erminio Tota
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