Il giorno 23 ottobre alle ore 10:00, si è tenuta, presso la libreria De Groene Waterman, una conferenza organizzata dalla Dante Alighieri di Anversa. L’incontro, moderato da Cristina Albani e Carmine Vilardi, ha coinvolto un buon numero di membri associati, che si sono entusiasmati nella lettura del romanzo Il treno dei bambini, di Viola Ardone.
L’esperienza mi è sembrata al contempo istruttiva e interessante. Non avevo mai preso parte ad un club di lettura, e le mie aspettative sono state superate. E’ stato bello incontrare altre persone ugualmente appassionate alla letteratura, e che come me, hanno letto con piacere la storia in questione. La parte interessante, dal mio punto di vista di studente Erasmus dal Sud Italia, è stata soprattutto quella di poter scoprire e confrontare le personalità e le idee di lettori provenienti, in questo caso, da un contesto geografico e culturale diverso rispetto al mio. Tutti gli associati, però, conoscono bene l’Italia e forse proprio per questo hanno amato questo libro.
Il treno dei bambini è una storia italiana: Amerigo, un bambino
napoletano, viene spedito in Nord Italia insieme a tanti suoi coetanei
meridionali per sfuggire dalla miseria del dopo guerra, sotto iniziativa del
Partito Comunista. La discussione è stata animata e ricca di osservazioni. Il libro, infatti,
offre numerosissimi spunti. Si è partiti dalla trama in sé, l’analisi dei
personaggi e delle vicende, ma poi il discorso si è ampliato, toccando la
storia, la politica e la situazione della società in quel particolare momento
delicato, l’Italia dopo il conflitto.
Il libro è piaciuto perché riesce a raccontare con semplicità degli eventi
complessi: la separazione di un bambino dalla propria madre e dalla propria
terra, la povertà, la solidarietà e la speranza (Speranza è anche il
cognome di Amerigo).
Da non sottovalutare, inoltre, il linguaggio che Viola Ardone utilizza. Le
vicende sono narrate in prima persona dal protagonista, che all’inizio usa un
italiano stentato, molto contaminato dal dialetto napoletano, ma in generale
semplice, è il linguaggio di un bambino. Col passare del tempo questa lingua evolve,
Amerigo si trasferisce a Modena, studia e il suo italiano diventa un italiano
standard. Nella parte finale del libro, poi, un Amerigo ormai cinquantenne
ritorna nella sua Napoli esprimendosi in modo ancora diverso.
Questi cambiamenti di registro, se da un lato hanno suscitato qualche
perplessità fra i presenti, dall’altro rendono il libro un vivace esempio di
come la lingua italiana offra innumerevoli modi di esprimersi. È proprio questo
aspetto, infondo, secondo alcuni, ciò che fa innamorare di questa lingua.
Non sono mancati, fra i presenti, parallelismi cinematografici. Un po’ come i
film del neorealismo italiano, Il treno dei bambini, secondo molti, potrebbe
essere anche un ottimo prodotto, se adattato allo schermo.
Come si può intuire, il bilancio dell’incontro è stato estremamente positivo, e
proprio per questo, rifarei ancora quest’esperienza stimolante.
Lorenzo Costabile
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