sabato 20 maggio 2017

Napucalisse di Mimmo Borrelli


Giovedì 11 maggio ho avuto il privilegio di vedere - presso la sala teatrale all’interno dello storico edificio dedicato a iniziative di matrice italiana sito in Rue de Livourne 38 a Bruxelles- lo spettacolo Napucalisse di Mimmo Borrelli, inserito nella rassegna culturale dedicata alla regione Campania promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, diretto attualmente da Paolo Grossi. Sono rimasta letteralmente folgorata. Un fiume in piena di parole, di suoni, di carica pura ed energia contagiosa. Una voce, la sua, che sconvolge, che diviene grido, che lascia senza fiato e penetra il cuore. Tutto accompagnato dalle suggestive musiche di Antonio Della Ragione che rincorrono, assecondano e fomentano l’accurata sintassi del testo. A prendere la parola un Pulcinella vecchio e stanco, un giovane camorrista adirato per il suo destino dannatamente segnato e il Vesuvio, fonte di vita e al contempo arma di distruzione. Un combinazione di condizioni disintegrate che ribollono, destinate proprio come in un vaso di pandora, a esplodere. Borrelli, con singolare capacità istrionica, si fa viscerale interprete di tutti i personaggi, utilizzando una lingua viva, tagliente, icastica, fatta di metafore, assonanze, epiteti. Viene fuori un sublime pastiche linguistico, creato dalla commistione degli innumerevoli dialetti campani. La performance -oltre a essere vocale- è soprattutto fisica; all’interno di una scenografia spoglia si staglia un corpo seminudo che si scuote e scuote, che trasuda rabbia, durezza, e inaspettatamente pietà e indulgenza. Il pubblico è sedotto e conquistato, completamente ipnotizzato.


Mimmo Borrelli e, sullo sfondo, il polistrumentista Antonio Della Ragione


Il nostro autore-attore mostra le due anime di Napoli, vittima e carnefice, violentata e violenta, perfettamente incastrate tra loro. Dal racconto di dolore e di protesta, di pianto e commozione traspare un’analisi lucida e spietata dei costumi e dei princìpi dominanti nel territorio.
Un’opera che immortala tutte le sfaccettature della realtà, dagli stilemi del matrimonio popolare raccontati in modo caricaturale da Pulcinella a Vesuvio, fino alla morte, unico esito possibile. È su queste amare note che si conclude il monologo sulla città di San Gennaro: «Napule venitece vuje, Napule a campà ccà!! Napule nun me ne fuje, Napule je schiatt ccà! Napule rinto all’anema, Napule tumore, Napule senz’anema… Napule r’ammore». Ci si chiede -quindi- se c’è ancora speranza di salvarsi da questo male che incancrenisce e attanaglia. Lo spunto di riflessione è lanciato, spetta a ciascuno di noi coglierlo, alla nostra coscienza individuale poter fornire una degna risposta.
Borrelli col suo estro creativo e con la sua indiscussa maestria ci ha regalato un momento di estasi mistica. E sebbene uno spettatore non campano non riesca a comprendere ogni singola parola, il messaggio arriva, con potenza immediata, chiaro e lampante. Una pièce intensa, drammatica, vera. Assolutamente da non perdere.

Manuela Ferraro

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