sabato 18 febbraio 2023

De Bello Pucciniano

Il nostro Belgio è terra di gradite sorprese per gli amanti della musica e del melodramma: a parte i rilievi storiografici che connettono la rivoluzione del 1830/1831 all’opera La muette de Portici, è ormai noto il fatto che sia terra di origine dei Beethoven e di nascita dei più grandi compositori “fiamminghi” del rinascimento, anche se la nascita di Orlando Di Lasso a Mons e quella di Johannes Ockeghem a Saint Ghislan dovrebbero seriamente mettere in discussione la dicitura di “fiamminghi”, utilizzata generalmente in storia della musica. Ma senza viaggiare troppo indietro nel tempo, il Belgio è il luogo in cui Giacomo Puccini trovò le ultime cure mediche, in una clinica non più esistente in Avenue de la Couronne a Bruxelles, la morte ed i funerali solenni, nella chiesa Reale di Santa Maria di Scharbeek. E giocando un po’ di fantasia, alcuni luoghi belgi sono associabili al compositore nella toponomastica, se pensiamo che la cittadina belga di Gavere è bagnata da “L’Escaut”, e che ritroviamo la stessa fonetica nel porto di “Le Havre”, in cui è ambientata Manon Lescaut.

Per tutti questi motivi, nonostante la sterminata bibliografia pucciniana, siamo sempre interessati a nuove edizioni sul compositore toscano, e, preferendo che la musica parli da sola, accogliamo sempre con piacere pubblicazioni che gettino luce sui diversi lati dell’uomo Puccini.  Abbiamo quindi letto con piacere (e velocità, visto che il libro è di facile lettura anche per i non addetti ai lavori) la pubblicazione del compositore Marco Reghezza, che ci propone un percorso per comprendere l’evoluzione e l’influenza dell’inconscio di Puccini nella successione dei suoi capolavori operistici, attraverso un’analisi originale dell’evoluzione psicologica conflittuale legata all’unicità della natura compositiva del genio lucchese, tutta basata sulle figure delle eroine e delle loro ipotetiche relazioni con la “madre terribile” di Puccini: è un allacciarsi alle teorie di Carl Jung, affiancate dalla constatazione del fatto che tutte le eroine delle opere pucciniane amano un personaggio maschile in cui si cala simbolicamente il musicista stesso.  

Ed ecco quindi ben servita una chiave di lettura per tutta la produzione operistica di Puccini, che Reghezza espone in ordine cronologico (da “Le Villi” a “Turandot”), in cui la principale figura maschile subisce un progressivo percorso di annullamento a tutto vantaggio dell’eroina, che gradatamente diventa il perno del dramma.  Questo avviene, in diversi modi... Solo dopo Madama Butterfly “il protagonista maschile verrà lentamente rivalutato, fino al momento in cui in Turandot (che rappresenta il simbolo più evidente della madre onnipotente) Calaf, nelle cui vesti è disceso simbolicamente Puccini” (ormai però prossimo alla morte) “riuscirà a sconfiggere la principessa di gelo, liberando così finalmente l’inconscio del musicista dall’opprimente figura materna”.  

Non vogliamo rovinare la sorpresa della lettura elencando troppi particolari del testo, ma vogliamo citare un ultimo motivo d’interesse: Reghezza cita chiaramente alcuni testi che iniziarono a stimolare la fantasia del compositore, ma la cui messa in musica fu  successivamente scartata. Si tratta de “La Lupa” di Verga, alcune novelle di Maksim Gorkij, “Il cuore rivelatore” di Edgar Allan Poe, “La crociata degli innocenti” di Gabriele D’Annunzio, “Margherita da Cortona” di Valentino Soldani, “Cento anni” di Giuseppe Rovani, “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo, “Tartarin de Tarascon” di Alphonse Daudet, “Due Zoccoletti” di Ouida, e “Monna Vanna” di Maurice Maeterlinck, per finire con un altro rimando al nostro Belgio. Perché Puccini rifiutò questi testi? Reghezza (tramite gli scritti di Puccini ai librettisti) fornisce anche a questa rinuncia una adeguata risposta psicoanalitica che si incarna nelle scelte drammaturgiche delle opere che oggi ci fanno amare la musica di Puccini.

Emiliano Biagio Manzillo

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