venerdì 16 aprile 2021

Intervista a Daniela Maniscalco, di Giacomo Di Tollo

 

L’invitata di oggi è Daniela Maniscalco, italiana residente in Lussemburgo, scrittrice e presidente del Comitato Dante Alighieri di Lussemburgo, con cui vogliamo discutere di una figura storica misteriosa che è stata oggetto di grande rivalutazione negli ultimi anni: Ildegarda da Bingen, mistica dal nome altisonante a cui Daniela ha dedicato un libro: Ildegarda e la ricetta della creatività, pubblicato da “Rueballu” edizioni. Ildegarda è una straordinaria figura dell’anno Mille. La sua condizione di monaca  le permise una libertà di espressione a tutti i livelli. Ildegarda è stata una scienziata, una profetessa, una musicista e tanto altro ancora. Era incredibilmente famosa, tanto da intrattenere corrispondenza con papi e imperatori del suo tempo. Sorprendentemente, è  stata dimenticata per secoli. Soltanto da pochi anni è stata riscoperta, le sue musiche sono state recuperate e incise, e vari artisti si sono ispirati a lei per film e canzoni. Ildegarda da Bingen componeva musica per le messe cantate dalle monache del suo convento, e per lei la musica era sacra, nel senso che era il veicolo più diretto per entrare in rapporto con Dio. Riteneva infatti che prima ancora di esprimersi parlando, l’uomo avesse cantato, e che il canto non fosse contaminato come invece era diventata la lingua. Iniziamo a discutere con Daniela di questa straordinaria figura di donna medievale,  e partiamo proprio dal suo rapporto con l’essere “donna”. Cosa vuoi dirci al riguardo Daniela?

“Allora, ti ringrazio intanto per questa domanda a cui mi piace molto rispondere. Ildegarda è stata sempre molto attenta a valorizzare il femminile senza però mettersi in pericolo. Era un’epoca quella, e un mondo, dove l’espressione femminile era spesso guardata con sospetto. E lei si era salvaguardata innanzitutto chiedendo al suo consigliere spirituale il permesso di poter scrivere e divulgare quello che scriveva, e poi (per precauzione) ribadendo spesso che lei non aveva studiato nulla, soprattutto per quanto riguarda la musica, e che tutto ciò che esprimeva le arrivava direttamente da Dio. In realtà noi oggi sappiamo che Ildegarda aveva studiato e sicuramente anche musica, come era consueto per la sua classe sociale. Ma per Ildegarda proferirsi umile e rozza – come diceva lei – era una sorta di assicurazione, un lasciapassare per potersi esprimere con libertà. E cos’era dunque il femminile per Ildegarda? Era una forza e un sapere antico. Il femminile, diceva, è il ventre che accoglie e che detiene il segreto del nostro sé e della natura divina."


Allora, mi trovo con il libro di Daniela tra le mani, Ildegarda e la ricetta della creatività, tra l’altro con una veste grafica molto bella, con delle stupende illustrazioni che lo rendono adatto a un pubblico di ragazzi, ma anche di adulti. Vero Daniela?

“Si, si, è stato definito come uno di quei libri che si possono leggere a tutte le età. Per me si è trattato di un grandissimo complimento perché nella sua semplicità il messaggio che volevo far passare è molto complesso. L’idea era quella di mettere una pulce nell’orecchio, instillare un dubbio, promuovere una curiosità sulla storia, per questo nel libro si parla del “libro delle storie dimenticate”. La protagonista trova questo libro delle storie dimenticate, da lì viene fuori Ildegarda e comincia tutta la storia. Purtroppo spesso non sappiamo nulla sulla storia delle donne che sono state presenti nei vari settori pubblici e culturali - forse non tantissime, ma neanche poche - e che magari al loro tempo sono state attive e famose. Ciononostante, non sono poi passate nella cernita fatta dai libri scolastici. Ed è un peccato perché la nostra percezione della storia sarebbe del tutto diversa se i libri di storia riportassero le storie degli uomini, unitamente a quelle delle donne.”



Daniela già ci ha detto che negli ultimi anni Ildegarda è stata oggetto di studi approfonditi ma anche dell’attenzione di artisti e intellettuali. Tra gli altri, il grande compositore britannico Hugh Colin Rice le ha dedicato le “Sequenze Hildegardensis”, Franco Battiato la fa intervenire nel suo film “Niente è come sembra” nel 2007 e Branduardi le ha dedicato l’intero album “Il Cammino dell’Anima”: tutto ciò a significare un’importanza crescente di Ildegarda. Vorrei chiedere a Daniela: perché Ildegarda è importante per te?

“Ildegarda per me è un esempio di coraggio, il coraggio di essere sé stessi, anche in un mondo in cui le circostanze sembrano essere del tutto avverse. Coraggio, inoltre, di fidarsi della propria creatività. Ildegarda comincia a esprimersi a 40 anni. Prima sentiva suoni, aveva visioni, vedeva immagini e colori, eppure non aveva mai osato esprimere tutto il suo mondo interiore. E se Ildegarda è riuscita a scrivere libri e a comporre musica a quell’età in un mondo estremamente ostile alle donne, e soprattutto a farsi ascoltare, ecco io trovo che questo sia un messaggio di speranza e di fiducia per tutti noi, specialmente in questo tormentato momento storico. Poi, non dimentichiamo che Ildegarda era anche una curatrice e che le sue idee erano molto moderne. Secondo lei la malattia era una rottura dell’armonia tra corpo, mente e spirito e di conseguenza la salute era una riconquista dell’equilibrio. Grazie al senso della giusta misura, secondo lei si poteva mantenere un corpo sano nutrendosi dei cibi giusti, badando a non  esagerare e restando consapevoli dei propri pensieri nell’ambito di un percorso spirituale. Poi, negli ultimi tempi si parla molto spesso del potere di guarigione della musica, che è un concetto molto antico. Oggi la musica è addirittura entrata nelle sale operatorie. È fresca la notizia che ad Ancona un bambino è stato operato al midollo spinale mentre il musicista Emiliano Toso suonava un pianoforte intonato a 434 Hz. Questo musicista ha deciso di cambiare la sua vita dedicandosi alla musica curativa, che è usata per patologie cronico-degenerative.”



Daniela, nel tuo libro si parla anche di “lingua ignota”: ci vuoi dire che cos’è?

“Nel libro c’è un momento in cui i protagonisti imparano questa -lingua ignota- e cominciano a utilizzarla per comunicare. È un altro degli aspetti molto affascinanti di Ildegarda, che ha creato una lingua artificiale di cui tuttora conosciamo poco e della quale abbiamo decifrato soltanto alcune parti. Perché Ildegarda l’abbia creata rimane tuttora un mistero. Forse per dare vita a una lingua universale che potesse avvicinare tutti gli uomini (e per questo è considerata la patrona degli esperantisti), oppure ciò faceva parte della sua ricerca della lingua pura, che era una forma di comunicazione non contaminata che avrebbe potuto avvicinare l’uomo a Dio. Ma comunque il mistero è morto con Ildegarda e purtroppo tuttora non abbiamo una spiegazione plausibile, ma soltanto delle ipotesi affascinanti.”



Grazie Daniela per questa interessante intervista su questo affascinante personaggio su cui c'è ancora moltissimo da scoprire.

Giacomo Di Tollo

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