martedì 21 novembre 2017

La Vespa e Piaggio: due grandi autori della globalizzazione

Andrea Rapini, professore associato presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, giovedì 16 novembre ha ripercorso con i soci della Dante e con gli studenti universitari presenti all’incontro la storia di una delle icone del design italiano più conosciute al mondo: la Vespa. Il suo intento è stato quello di ripulire lo scooter più famoso al mondo dalla patina del mito, considerando maggiormente l’aspetto storico ed economico, trasportandoci così agli anni ottanta dell’Ottocento, ovvero al momento della fondazione della Piaggio a Genova (la sede principale a Pontedera, vicino Pisa, verrà inaugurata nel 1924). Abbiamo scoperto che l’azienda inizialmente produceva navi, per poi passare alla ferroviaria e all’aeronautica, settore che si espanse durante il primo conflitto mondiale. Una volta raggiunta una certa fama in tutta Italia (compare tra i primi produttori di trasporti all’indomani della seconda guerra mondiale), accettò la sfida di creare un mezzo accessibile a tutta la comunità nazionale, per dirla come recitava un titolo de Il Littoriale a fine degli anni Trenta, una sorta di «bicicletta per il popolo». Di fatto vi era la necessità di stare al passo con una motorizzazione di massa che in America aveva già visto la produzione di alcuni scooter e che in stati europei come la Germania aveva elaborato modelli d’auto importanti, si veda il Maggiolino della Volkswagen (non a caso una vera e propria ‘auto del popolo’). La Piaggio conosceva entrambe le realtà e rispose a fine anni Quaranta con il Paperino, il diretto progenitore della Vespa, il quale tuttavia non ebbe troppo successo. Si dovrà aspettare qualche anno dopo, il 1946, prima che l’ingegnere aeronautico abruzzese Corradino D’Ascanio presti il suo genio all’azienda e dia alla luce il modello che conosciamo oggi, così chiamato per la vita affusolata proprio come una vespa. Da quel momento in avanti la Piaggio diventa un’impresa transnazionale, che non si limita ad esportare all’estero, ma che, cercando delle licenziatarie, forma una rete industriale tutt’oggi esistente, la quale si appoggia alle industrie straniere conservando l’intuizione italiana.




L’intervento del professor Rapini ha affascinato i presenti con la visione dei modelli antecedenti alla Vespa, aiutandoli ad inserire la nascita di questo ‘mito’ in un contesto  economico e sociale ben preciso, spiegando così la genesi di uno semplice scooter che indica un’identità europea e porta con sé un significato globale.

Sara Lovisa

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