sabato 4 luglio 2015

Resoconto del Club di lettura del 30/05/2015 - di Giulia Marini




Fellini è l’artista che con più forza ha cercato di impedire che ci si abituasse all’indecenza.

Il Trono Vuoto di Roberto Andò



Il trono vuoto di Roberto Andò ha offerto uno spunto di riflessione, collettivo e individuale, sul sentimento politico di questo tempo, ormai e purtroppo, dominato dalla sfiducia. Sfiducia in una classe dirigente da cui ci si sente costantemente presi in giro, sfiducia nella possibilità di poter cambiare finalmente qualcosa con il solo potere elettivo. 

Leggendo le pagine di questo libro, i parallelismi con quello che sta accadendo oggi giorno sono inevitabili e la sfiducia aumenta. I media e gli intellettuali hanno forse cambiato il nostro modo di riflettere e di pensare? Invece di infonderci un pensiero critico costruttivo, ci hanno portato a formulare pensieri distruttivi e d’impotenza?

Il pensiero disfattista e approssimativo dell’elettorato non si concentra sulla positività della figura di Ernani, ma sul disfacimento dell’opposizione e sulle sue promesse non mantenute. Come la letteratura shakespeariana ci insegna, il folle è fonte di verità ma in quanto matto, nessuno gli crede. Questo è ciò che accade al professor Ernani. Fratello gemello del leader dell’opposizione, Enrico Olivieri, Ernani trascina verso di sé la coscienza delle persone, in un modo genuino e spontaneo. Entrambi cambiano panni e ruoli.  
Uno recupera il gusto delle piccole cose: le confidenze di una bambina, la passione per il cinema, l’amore rubato sul set del film dove sperimenta un lavoro "normale". L’altro dà spazio alla sua geniale sregolatezza, e con i suoi discorsi irrituali frantuma i clichés di una politica piccola e ripetitiva, fa entrare in quel mondo chiuso parole e aria nuova. La sostituzione tra i due gemelli è messa in moto dalla scomparsa di Enrico, il quale, per la troppo pressione o per la troppa stanchezza, decide di attuare una fuga verso quelle che erano le sue prime passioni: il cinema e l’amore per una donna.

Ma la sua è una vera fuga o un ritiro spirituale alla San Benedetto da Norcia effettuata prima di fondare il suo ordine? Le prime pagine del libro preannunciano, con una citazione latina incisa nell’abbazia benedettina di Subiaco, la scomparsa del leader. Troveremo una risposta alla fine del libro? 

Il contributo dei lettori 

Complessivamente i temi che hanno più appassionato i nostri lettori sono stati quelli del doppio e la satira intelligente ed elegante costruita da Andò, anche se non ampliamente compresa a causa delle numerose citazioni dotte e dell’uso di parole appartenenti ad un linguaggio molto alto. Anche i protagonisti secondari del romanzo suscitano curiosità e attenzione, insinuano delle domande nel lettore, il quale però non riesce a trovare una risposta soddisfacente.

I due volti della politica, utopia e realtà, si fondono e si intrecciano, su uno sfondo letterario che vuole far emergere da un lato il bisogno di una figura che ci dica la verità, ci parli di passione politica e riaccenda gli animi di fiducia e consenso. Dall’altro il bisogno di una crescita da parte dell’elettorato che deve uscire dal suo giardino, come sostiene la bellissima metafora di Kosinski.

Giulia Marini

giovedì 11 giugno 2015

"Piazza Garibaldi" al Cineclub Klappei, sabato 20 giugno, ore 15:00

L'ultimo appuntamento pre-estivo con il cinema della Dante alla Klappei ci presenta un documentario che continua il nostro percorso su Garibaldi e i Mille, già inaugurato il mese scorso con la conferenza "Camicie rosse e nitrato d’argento" del Prof. Rosario Castelli (Università di Catania.



Piazza Garibaldi è un documentario di Davide Ferrario del 2011, che ripercorre l'itinerario dell'impresa dei Mille toccando le tappe principali della spedizione in occasione del 150° anniversario. È uno spunto di riflessione sull'identità italiana e si interroga su cosa sia rimasto dopo l'impresa dei Mille, mettendo in relazione valori e fatti tra passato e presente. La spedizione dei volontari, viene alternata alla percezione di un Paese disilluso, in decrescita demografica e tendente alla disgregazione. 
Durante il documentario vengono riprodotte testimonianze, appunti dei garibaldini e riflessioni lette ed interpretate da attori come Filippo Timi, Toni Servillo, Marco Paolini e Luciana Littizzetto.

Ingresso: € 3 per i soci della Dante, € 5 per i non soci. 
In italiano e con sottotitoli in inglese. Durata: 103’

mercoledì 27 maggio 2015

Collaborazioni 1: I Muri Parlano, di Joris Wouters

I Muri Parlano

 



“I muri parlano” è un progetto di Joris Wouters, realizzato in collaborazione con Kalligrafia, Dante Alighieri Anversa, Joke van den Brandt, Emiliano Biagio Manzillo, l’Istituto Italiano di Cultura (Bruxelles) e la Fondazione Italo Zetti (Milano).
Si tratta di un progetto che vedrà la luce nel primo autunno del 2015, un progetto ambizioso che potrete seguire anche sul sito web www.words-and-walls.be, cliccando la voce ‘I muri parlano’.

Muri: l’Italia, un paese dal ricco patrimonio artistico, un patrimonio culturale senza pari. Templi, chiese, castelli, sculture, dipinti, affreschi … E poi ci sono i tesori nascosti. I muri ad esempio. I muri, in tutte le loro forme, si ergono come opere d’arte astratta forgiate dalla natura. Segnati dal tempo. Colorati dall’uomo. Bellezza pura. Graffiti: Spesso i muri italiani attraggono i graffiti. A volte sono creazioni stridenti, preoccupanti, a volte sono piccole opere d’arte, poetiche e affascinanti, di writer - così vengono chiamati in Italia - più o meno anonimi. Con i graffiti e la street art essi esprimono il loro amore, odio, rabbia, disperazione, sdegno, ironia, protesta … o la loro personale visione di ciò che è arte.
Calligraffiti: "I muri parlano" è un incontro-scontro tra muri e parole. Cinquanta parole vengono proposte da cinquanta persone che hanno uno speciale legame con la lingua italiana: scrittori, poeti, traduttori, giornalisti, insegnanti, artisti. Parole che stanno loro a cuore, parole che dicono qualcosa dell’Italia … o su loro stessi. A queste parole viene poi data forma da un altro tipo di writer: cinquanta calligrafi provenienti da dieci paesi diversi, che con la loro arte antica ma ancora innovatrice danno voce a questi muri. Tra cui Anna Van Damme (Belgio), Massimo Polello (Italia), Gabriela Carbognani (Svizzera), Lieve Cornil (Belgio), Leonid Pronenko (Russia), Andrea Wunderlich (Germania), Lynn Kerr (Gran Bretagna), Denise Lach (Francia), Jean Larcher (Francia), Katharina Pieper (Germania), Francesca Biassetton (Svizzera), Heleen de Haas (Sudafrica) e molti altri. Così ogni muro racconta la propria storia. Cinquanta muri, da Genova a Palermo. Cinquanta parole, da addiopizzo a venezianamente. Cinquanta “calligraffiti” unici.

Sguardi su Anversa 1: REMBRANDT (1606 - 1669) e RUBENS (1577 - 1640) - Periodo Barocco



In questi giorni ad Anversa sta avendo luogo una mostra molto interessante presso la Rubenshuis: Rubens privé. Per chi ama questa città e la sua ricca storia, un appuntamento da non perdere! Diamo il nostro contributo pubblicando un articolo della socia Anne-Marie Baugniet che prova a mettere a confronto Rubens e Rembrandt, due artisti fondamentali della storia artistica del Benelux.


Remdrandt, Ritratto di Jan Six

REMBRANDT  (1606 - 1669)  e  RUBENS  (1577 - 1640) - Periodo Barocco

Vorrei cominciare con un saggio proverbio che dice: “ no se es de donde se nace, sino de donde se pace”, che significa più o meno  non importa di dove sei, ma cosa fai con la tua vita”: è la mia base per schizzare un paragone fra questi due pittori molto famosi. Ma prima, ecco alcuni elementi relativi alla situazione geopolitica nei Paesi Bassi a quell’epoca.
Alla fine del secolo XVI, le diciassette province si separarono: le meridionali, fedeli alla corona spagnola, rimasero cattoliche, mentre le sette province del Nord non solo diventarono calviniste ma anche poterono godere di libertà di culto. Soprattutto quest’ultimo evento fu la causa del grande afflusso verso il Nord di protestanti – ugonotti-, ebrei ed anche di altri emigranti, fuggendo dalla Spagna, Portogallo e dai Paesi Bassi spagnoli (oggi Belgio e Lussemburgo).
Quindi da una parte c’è una certa libertà di culto e dall’altra la fioritura dell’umanesimo per mano del suo massimo rappresentante Erasmo, due elementi più che favorevoli allo sviluppo dell’economia. Infatti, l’emigrazione citata precedentemente, sarebbe stata dopo il fattore decisivo per un’incredibile esplosione culturale, soprattutto nel campo delle arti plastiche e l’origine di una nuova clientela per gli artisti locali. Qui si trattava delle famiglie patrizie e dei ricchi commercianti, mentre nei paesi vicini c’era ancora l’aristocrazia. Il cosiddetto “ ceto medio con mezzi” voleva mettere in risalto il suo statuto e stimolare una rivalità interna, come facevano i nobili (come ne Il cortegiano di Baldassare Castiglione).

 
P.P.Rubens, Deposizione dalla Croce

Adesso arriviamo ai nostri due pittori ben differenti, cominciando con la loro origine: Rubens cresce in una famiglia con mezzi e di fede cattolica. Rembrandt invece proviene da un ambito rurale. Addirittura il giovane Rubens si recherà due volte in Italia, diventando in seguito “il principe” del colore, con quello che aveva appreso a Venezia. Rembrandt invece, non sarebbe mai uscito dall’ Olanda. Rubens parlava cinque lingue ed era ambasciatore in diverse corti europee con il necessario “savoir-faire” che padroneggiava perfettamente. Rembrandt, al contrario, conosceva solo l’olandese e l’ambito borghese della sua clientela.
Dall’inizio entrambi ebbero un gran successo: Rubens con uno stile pomposo ed agitato, dipingendo il più delle volte temi religiosi, anche alcuni temi mitologici ma pochi ritratti. Rembrandt con il suo pennello volatile,- la così chiamata “sprezzatura”, cioè fuggire l’affettazione, che sarà una delle caratteristiche del Rinascimento a venire, - il contrasto delle luci e delle ombre, facendolo diventare uno dei tre grandi geni del Barocco, insieme a Velázquez e Caravaggio.  La sua opera ciononostante, consta oltre che di temi religiosi e biblici, di molti autoritratti, ritratti di singoli o di gruppi, opere storiche e di grande quadri su commissione. Non possiamo dimenticare che lui non aveva una bottega, come Rubens, il quale poteva contare sulla collaborazione dei talenti sicuri.
Durante questa epoca le cose per loro andavano molto bene, inteso economicamente. Purtroppo sarà di breve durata per Rembrandt , principalmente a causa della sua personalità, ben differente da quella del suo concorrente,  un  fine diplomatico ed abile negoziante.
Chissà, anche il destino e la sorte diversi avrebbero fatto che il loro futuro diventasse totalmente distinto. Fatto sta che Rembrandt non sapeva amministrarsi: spendeva e spandeva, addirittura dopo aver già acquistato una casa magnifica, come Rubens peraltro. E come se ciò non bastasse, non solo il suo declino artistico, ma anche diversi problemi e drammi di famiglia, lo avrebbero portato al fallimento. Costretto a svendere tutto, la sua vita andò alla deriva verso la scarsità e l’oblio.
Tutti e due morirono a sessantatre anni : Rembrandt allora in povertà assoluta, depresso dalla morte di suo figlio Titus e della sua seconda moglie, mentre Rubens  ricco, famoso ed onorato da cortigiani e plebei.

Anne-Marie Baugniet, socia Dante Alighieri Antwerpen

Club di lettura "Il trono vuoto" - Sabato 30 maggio, ore 11:00

Il club di lettura della Dante torna sabato 30 maggio, alle ore 11:00, presso la libreria De Groene Waterman (Wolstraat 7, 2000 Antwerpen).

Il volume discusso è "Il trono vuoto", di Roberto Andò.



Dal libro è stato tratto il film "Viva la Libertà", già proiettato questo mese al Cineclub Klappei.

La discussione sarà moderata da Giulia Marini