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mercoledì 29 maggio 2019

La Dante di Anversa al Museum De Reede


Sarà un autunno ricco di eventi quello che si prospetta per i nostri soci. Dopo la giornata di studi dedicata al legame tra Anversa e Genova in programma per il 20 settembre prossimo al Rubenianum, in collaborazione con, appunto, Rubenianum e Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, il nostro Comitato avrà il piacere di collaborare con una realtà nuova ed estremamente dinamica come il Museo De Reede, dove si terrà una mostra incentrata sul graphic novel italiano.



La scelta del Museo De Reede quale partner e sede della prossima esposizione non poteva essere più appropriata. Si tratta, infatti, di uno dei musei più giovani di Anversa (ha aperto le sue sale al pubblico solo nel 2017) e presenta una collezione preziosa e ancora poco conosciuta, dedicata all’arte grafica moderna e contemporanea. David Verbeeck e Jan Holvoet, due collaboratori che amano fortemente la nostra cultura, hanno accolto con grande entusiasmo la proposta della prossima mostra e si sono offerti di presentarci il museo e le sue sale (rigorosamente in perfetto italiano!).



Le opere della collezione permanente appartengono a tre artisti di fama internazionale, Francisco Goya (1746 – 1828), Edvard Munch (1863 – 1964) e Félicien Rops (1833 – 1898), che possono mostrare, all’occhio attento dei visitatori, alcuni punti di contatto nonostante la diversa e spiccata personalità di ciascuno.



L’atmosfera tranquilla e raccolta e la luce soffusa aiutano a focalizzare l’attenzione sui numerosissimi dettagli che si nascondono nei disegni degli artisti. In questo museo è possibile ammirare le quattro serie complete dei “Caprichos”, le “fantasie”, di Goya, tra cui raffigurazioni satiriche che rappresentano le follie delle istituzioni a lui contemporanee, tauromachie (tema caro all’artista), scene di guerra crude e dal forte impatto visivo che descrivono con estrema perizia le violenze del combattimento tra i contadini spagnoli e le truppe napoleoniche, e molto altro ancora.



In pochi passi, si lasciano le immagini dal concreto impegno politico e sociale di Goya per ammirare i ritratti dal forte sapore autobiografico di Munch, tra cui spicca quello della sorella Sophie, ormai provata dalla malattia ed esanime, morta in tenera età quando l’artista aveva solo dodici anni. Nelle opere esposte di questo artista, il primo in ordine cronologico a entrare in quella che poi sarebbe diventata la collezione del De Reede, è possibile studiare il controverso rapporto dell’artista con se stesso, la vita e la donna, oggetto ora di amore e venerazione, ora dell’odio più esplicito. Sempre la donna è al centro di numerosi lavori di Rops, artista belga purtroppo ancora non così noto come meriterebbe, pienamente immerso nell’atmosfera decadentista. Costui inventa un nuovo modo, aggressivo e allo stesso tempo ammaliante, di interpretare la sensualità femminile, e spesso la accosta a tetre figure sataniche, di cui la donna è vittima.



Oltre a ciò, saranno esposti fino al prossimo giugno lavori di numerosi artisti fiamminghi del calibro di Kurt Peiser, anversese, Henri Van Straten, Walter Vaes e Fred Bervoets; dal 6 giugno fino al prossimo novembre, infatti, la sala dedicata a queste opere sarà invece luogo di una mostra incentrata su Picasso (per maggiori informazioni, vi invitiamo a visitare il sito del museo https://museum-dereede.com/).

Harry Rutten, direttore del Museum De Reede


Ringraziando quindi David, Jan e tutto lo staff del museo De Reede per il caloroso benvenuto con cui ci hanno accolti, vi invitiamo a scoprire (o riscoprire) questa collezione e, ovviamente, a partecipare alla prossima mostra sul graphic novel italiano.

Giulia Mangialardi

Lancering Stripgids #5 in Amsterdam en Brussel - notizie dagli amici di Stripgids.org



Wat hebben de bekende Vlaamse stripauteur Charel Cambré en Tsjechische strips met elkaar gemeen? Weinig tot niets, zou je op het eerste zicht denken. En toch: samen staan ze schouder aan schouder in het jongste nummer van Stripgids, volgens velen “het mooiste blad van de lage landen”. Het vijfde nummer wordt op dinsdag 11 juni in Amsterdam, en ’s anderendaags in Brussel gelanceerd. Van harte welkom!
Wij denken er graag bij: ook het interessantste literaire tijdschrift over de wondere wereld van het beeldverhaal. Centraal in dit zomernummer staan twee razend interessante dossiers: een over Charel Cambré, Flanders’ finest – bekend van onder meer ‘Amoras’ en ‘Jump’. Het tweede zoomt in op de boeiende (maar hier ook grotendeels onbekende) stripscène van Tsjechië. Vanavond stellen we deze graag aan u voor: blakend van zelfvertrouwen, aanstekelijk enthousiast én met een uitgesproken zin voor experiment. Verrassend genoeg zijn er, naast een aantal verschillen, ook een aantal overeenkomsten tussen de scène in Tsjechië en Vlaanderen/België.
Op dit feestelijke evenement knikkeren we dus het vijfde nummer van Stripgids de openbaarheid in. Met een babbel door de beroemde Tsjechische stripprof Pavel Kořínek, een panelgesprek met Charel Cambré, live tekenen, nooit eerder vertoonde animatiefilmpjes en een glas voor en na.U komt toch ook? Oh, en hadden we al gezegd dat het gratis is?
Wanneer en waar?
Op dinsdag 11 juni 2019 in Boycott Books, Baarsjesweg 203hs, 1057 HS Amsterdam, zie https://www.facebook.com/events/934558910216079/
Op woensdag 12 juni 2019 in Muntpunt, Muntplein, 1000 Brussel, zie https://www.muntpunt.be/bezoeken/activiteiten/lancering-stripgids-5
Een organisatie van Muntpunt, Boycott Books, Tsjechisch Centrum (Brussel en Rotterdam) en Stripgids.

martedì 21 maggio 2019

Verona vista come mai prima

Giovedì 16 sera ha avuto luogo presso i locali dell'Universiteit Antwerpen, la conferenza della dottoressa Francesca Biasio, ricercatrice appassionata al momento ad Anversa per un tirocinio al Rubenianum. L'argomento era Verona, nella più antica veduta giuntaci, realizzata prima ancora dell'anno Mille per Raterio, ecclesiastico del Medioevo, figura centrale se si vuole studiare la storia della bellissima città scaligera.




La Biasio si è dimostrata esperta oratrice e degna ambasciatrice di una delle città più amate d'Italia, entusiasta, fiera e soprattutto estremamente preparata, in grado di trasmetterci contenuti molto specifici adoperando un linguaggio accessibile e alternando sapientemente le parole e le immagini.
E imparando di più su Verona, abbiamo scoperto nuove figure di origine 'fiamminga', come Raterio, appunto, vescovo in patria (Liegi) e a Verona, vissuto tra il IX e il X secolo, la cui storia personale si è rivelata interessantissima.



Ringraziamo, oltre alla Biasio, anche il Rubenianum, nostro prossimo partner nell'organizzazione di una giornata di studi dedicata ad Anversa e Genova (20 settembre 2019), per averci dato l'opportunità di ospitare una così brava relatrice.


Emiliano Manzillo



Segue un commento alla serata di Francesca Biasio:

La conferenza che ho avuto il piacere di tenere è stata per me una preziosa occasione per parlare delle bellezze artistiche e architettoniche della città in cui vivo e svelarne gli aspetti forse meno conosciuti, ma che caratterizzano fortemente la storia di Verona e l’orgoglio dei suoi abitanti.
Il successo della serata è stato sicuramente incrementato dall’interesse che hanno dimostrato gli uditori e dalla loro attiva partecipazione.
Durante il mio periodo di permanenza in Belgio sono rimasta piacevolmente stupita dalla curiosità che i suoi abitanti nutrono nei confronti dell’Italia e, soprattutto, dalla loro volontà di conoscerla in maniera approfondita. Chiacchierando, per esempio, con i soci della Dante di Anversa è emerso che molti di essi non hanno visitato soltanto le mete più simboliche del Paese, ma hanno esplorato anche i luoghi meno conosciuti, ma non per questo di minor fascino o valore culturale.
Ringrazio nuovamente il presidente Emiliano Manzillo, al quale rinnovo i miei complimenti per l’impegno e la professionalità con i quali organizza le numerose attività della Dante di Anversa, la gentilissima Rossella Pensiero e il pubblico presente, per avermi riservato una calorosa accoglienza.

La Biasio ci ha anche inviato un link alle carte tematiche di Verona, sicuramente utili per i soci che a breve saranno in Veneto: http://www.salmonmagazine.com/centro-storico/






Club di lettura - Le otto montagne


Lo scorso sabato 27 aprile si è concluso il nostro Club del Libro con la discussione del romanzo Le otto montagne (Einaudi, 2016) di Paolo Cognetti, vincitore del LXXI Premio Strega nel 2017. Un folto gruppo di lettori ha avuto quindi modo di partecipare al dibattito sul libro e di approfondire alcune tematiche che vi sono trattate sotto la guida della professoressa Cristina Albani, consigliere della Dante di Anversa, lombarda ed appassionata escursionista.



In primo luogo, abbiamo ripercorso per sommi capi la trama del romanzo, incentrata sulle vicende dell’io narrante, Pietro (per molti aspetti un alter ego dello scrittore), ripercorse dalla sua più tenera infanzia fino all’età adulta. Centrale il continuo gioco di dicotomie che si disegnano in maniera evidente all’interno del racconto: prima le due figure, opposte e complementari, dei genitori di Pietro, poi il contrasto tra Pietro e il padre e l’incontro di Pietro con Bruno, adolescente nato e cresciuto in montagna con cui Pietro stringerà una lunga ed intensa amicizia e tramite il quale, una volta adulto, cercherà di riscoprire il padre ormai defunto.



I rapporti tra i personaggi del libro sono sempre inquadrati all’interno del vivo contrasto tra la città e il tempo veloce della modernità da un lato e dall’altro la montagna e il lento scorrere del ciclo della natura, nello scontro continuo delle regole che governano questi due ambienti, contrapposte e, forse, inconciliabili. Insieme a Cristina, ci siamo fatti contagiare dalla voglia di indossare gli scarponi e iniziare a risalire una valle alpina per ritrovare tutti gli elementi descritti con perizia e semplicità da Cognetti. Anche se il finale della vicenda è stato interpretato in modi molto diversi dai presenti e non è piaciuto all’unanimità, il libro ha suscitato enorme curiosità nei presenti. Siamo quindi entrati nel vivo del dibattito discutendo della struttura estremamente studiata del romanzo e dei riferimenti più nascosti contenuti nelle pagine del libro. Il titolo, ad esempio. L’autore fa riferimento ad una leggenda nepalese per cui il mondo sarebbe una ruota con otto punte, otto montagne appunto, avente nel centro la montagna più alta, il Sumeru. Una tale visione del mondo conduce l’uomo ad un dilemma: impara di più chi impiega la sua vita a percorrere le otto montagne o chi si dedica alla scalata del Sumeru? La domanda resta senza risposta, e riassume con una immagine tutte le vicende del libro.



La chiacchierata si è conclusa con la presentazione di numerosi paralleli letterari e precedenti illustri, ampliando ulteriormente gli spunti di lettura che l’incontro ha sicuramente fornito ai convenuti.
Giulia Mangialardi

lunedì 20 maggio 2019

A un mese dalla conclusione...

È passato poco più di un mese dalla conclusione degli appuntamenti del giovedì con il Club di conversazione allo Shelter...



Grazie a tutti i partecipanti, grazie alle nostre meravigliose Rossella, Giulia e Naomi per l'ottimo lavoro, siamo tutti felici di aver passato insieme quest'anno tanto ricco di stimoli e attività.



E il Club, condotto da Rossella, ritorna a novembre 2019. E quanti e quali studenti Erasmus accoglieremo tra noi? Ancora non lo sappiamo, ma nel frattempo, ci teniamo stretto il bel ricordo della collaborazione con le nostre Giulia e Naomi: ottimo lavoro, un grande in bocca al lupo per il prosieguo degli studi!

 


giovedì 9 maggio 2019

Sono solo canzonette… Mezzo secolo di italiano cantato


Giovedì 13 giugno, dalle 19.00 alle 20.30, aula SR 124 (Rodestraat 14)
Universiteit Antwerpen, Stadscampus – Conferenza di Andrea De Luca sulla musica pop italiana.
Conferenza gratuita per i soci della Dante e gli studenti dell’Università di Anversa, €5 per i non soci.
Sono solo canzonette… Mezzo secolo di italiano cantato
La musica italiana dal dopoguerra ad oggi ha saputo raccontare il Belpaese alla pari del cinema o della letteratura ma spesso non le viene attribuito il giusto omaggio. L’incontro cercherà di dare luce alla storia italiana attraverso le canzoni che ne hanno segnato i momenti fondamentali degli ultimi decenni.     
In questo viaggio musicale saranno analizzati diversi testi di canzoni conosciute sia a livello nazionale che oltre i confini. La scrittura di un brano non è impresa semplice e la lingua italiana, seppur riconosciuta come quella “musicale” per eccellenza, nasconde diverse insidie per gli autori. Vedremo svelati alcuni tra i segreti dei parolieri italiani e verranno messe in risalto le tecniche per dare più ritmo e armonia alla nostra bella lingua. Questo incontro sarà un’occasione per riascoltare grandi successi italiani e scoprirne di nuovi. Un’opportunità in più per conoscere l’Italia, magari canticchiando insieme…

ANDREA DE LUCA è laureato in Lingue, letterature e culture moderne all’Università D’Annunzio di Pescara. Dopo vari anni di docenza universitaria in Estonia, Francia e Slovacchia, vive e insegna in Belgio, dove è membro della Società Dante Alighieri di Anversa. Ha ottenuto un dottorato in Letterature comparate con una ricerca sulle origini del romanzo giallo in Italia. Autore di numerosi articoli pubblicati in Italia e all’estero, i suoi principali interessi di ricerca sono il romanzo d’appendice, i cantautori italiani e il cinema di genere.

Francesca Biasio: Il patrimonio storico e artistico veronese nella veduta più antica della città.


Giovedì 16 maggio, dalle 19.30 alle 20.30 , aula SR 124 (Rodestraat 14)

Universiteit Antwerpen, Stadscampus, aula SR 124 – Conferenza di Francesca Biasio: Il patrimonio storico e artistico veronese nella veduta più antica della città.
Conferenza gratuita per i soci della Dante e gli studenti dell’Università di Anversa, €5 per i non soci.
Nell'immaginario collettivo, Verona è imprescindibilmente legata a Romeo e Giulietta, i protagonisti di una delle più famose tragedie shakespeariane. Il balcone della giovane innamorata e la dimora dei Montecchi esercitano sempre grande fascino sui visitatori. Ma prima di diventare la città-simbolo dell'amore, cosa rese Verona un luogo culturalmente degno di ammirazione?          
La veduta più antica della città a noi pervenuta aiuta a comprendere quali erano i maggiori elementi del patrimonio storico e artistico veronese agli occhi di un uomo del X secolo, molti dei quali caratterizzano tutt'oggi il meraviglioso volto della città. Fu un vescovo originario di Liegi l’autore di quella che è ritenuta la più antica rappresentazione grafica della città di Verona a noi pervenuta. Si tratta di una veduta nella quale spiccano le principali costruzioni architettoniche e i monumenti più antichi. La carta è una preziosa testimonianza della conformazione di Verona nei primi anni del X secolo, nonché il ricordo che il vescovo Raterio portò con se dopo la sua cacciata dalla città.

FRANCESCA BIASIO vive a Peschiera del Garda (Verona) ed è laureata in Storia dell’arte presso l’Università di Verona. Nel 2017 ha frequentato il corso di catalogazione SIGEC WEB. Successivamente si e’ trasferita a Gerusalemme, dove ha lavorato per un anno e mezzo presso l’Ufficio dei Beni Culturali della Custodia di Terra Santa. Durante questo periodo si e’ dedicata anche allo studio dell’artigianato della madreperla a Betlemme, diventato in seguito argomento della sua tesi magistrale. Attualmente collabora a distanza con il Terra Sancta Museum di Gerusalemme e svolge un tirocinio come archivista presso il Rubenianum di Anversa.


La conferenza di primavera di Giulia e Naomi, le nostre stagiste.


La primavera è giunta copiosa quest’anno alla Dante di Anversa, grazie alla presenza di due relatrici d’eccezione, Naomi Camardella e Giulia Mangialardi, che hanno regalato al pubblico dell’Universiteit una doppia serata di conferenze.
Come da tradizione, le nostre stagiste Erasmus+ hanno infatti concluso la loro esperienza nelle Fiandre, scegliendo un argomento rappresentativo delle loro passioni, dei loro studi o dei loro campi d’interesse e lo hanno presentato, lo scorso 21 marzo, con grande entusiasmo e professionalità.
Appassionato e a tratti commovente è stato l’intervento di Naomi Camardella, dell’Università di Perugia, che ha trattato della letteratura italiana in relazione alla Grande Guerra. Un tema da lei affrontato per la prima volta in uno dei suoi corsi accademici e che da allora l’ha colpita al punto da spingerla ad ampliare autonomamente le sue conoscenze su quella precisa fase storica.
Naomi ci ha raccontato di come gli intellettuali chiamati al fronte abbiano registrato in diari, taccuini e memorie i turbamenti legati alla loro condizione di uomini sotto le armi; fornendoci una testimonianza vivida - poiché reale - del naturale processo di estraniamento nei confronti del nemico da abbattere. L’unico modo per sopportare il peso di tutte quelle morti, si legge in quasi tutti i loro scritti, era infatti smettere di considerare l’altro come un essere umano, simile nella carne, negli affetti e persino nelle abitudini quotidiane - se spiato nella “tranquillità” della sua trincea – e lanciarsi ciecamente in ogni assalto, in ragione di una causa più grande: l’amor di Patria.



Fermarsi a riflettere sulla comune caducità delle esistenze coinvolte avrebbe infatti condotto gli schieramenti opposti a disertare gli ordini dei superiori, riconoscendo, in quello che qualcuno aveva imposto come nemico, prima di tutto un fratello. Così come accadde tra le truppe tedesche e quelle britanniche in occasione della “tregua di Natale” del 1914, rievocata sul finale della conferenza con un toccante contributo video.



La serata è proseguita in varietate concordia, con l’intervento di Giulia Mangialardi, dottoressa in Lettere classiche dell’Università di Pisa, che ci ha portati indietro nel tempo fino al I secolo d. C.
Giulia ci ha fatto l’onore di condividere con noi parte dei temi trattati nei suoi studi specialistici e approfonditi nel corso della sua tesi magistrale, rendendoli fruibili al grande pubblico con chiarezza e armonia espositiva.
Partendo dalle figure di due grandi maestri del passato, Quintiliano - primo insegnante “stipendiato” dell’Impero Romano - ed Elio Teone di Alessandria - precettore di origine greca sulla cui vita si sa ancora molto poco - il suo discorso ha illustrato l’attualità di molte delle teorie pedagogiche che regolavano il rapporto alunno-insegnante nell’Antichità.


L’enorme importanza attribuita allo studio della grammatica, della retorica e della “filosofia” in senso ampio, in quanto strumenti per raggiungere la piena padronanza dell’uso della parola e preparare il bagaglio culturale indispensabile alla vita dell’intellettuale, è solo uno degli aspetti che emergono dalle opere di questi due grandi autori. Le loro pagine sono fonte inestinguibile di indicazioni pratiche per gli insegnanti, ad esempio su come far leva sulla psicologia del discente per consentirgli la miglior forma di apprendimento, assecondare le sue naturali inclinazioni e colmare le sue lacune, correggendolo, ma con misura, per non demoralizzarlo. Manuali preziosi dunque, giunti fino a noi grazie al supporto dell’archeologia, dell’epigrafia e della filologia e che, oltre a consentirci un’indagine sulla formazione dell’individuo nel periodo greco-romano, si trovano ad essere sorprendentemente in linea con l’odierno dibattito che coinvolge il mondo della scuola, non solo in Italia.



Due interventi degni di nota, davvero molto apprezzati dal pubblico in aula per l’accuratezza riservata alla preparazione, ma anche per le personalità delle due oratrici. La conferenza è stata infatti solo una tappa del percorso compiuto da Giulia e Naomi, che in questi mesi hanno saputo creare all’interno del comitato saldi rapporti interpersonali, dimostrando di possedere quell’humanitas che è fondamento di ogni associazione culturale. La loro intraprendenza e disponibilità d’animo sapranno sicuramente guidarle verso un futuro ricco di soddisfazioni. Ad maiora!

Rossella Pensiero

L’ultimo appuntamento di “Lettura e visione”


Si è chiuso sabato 23 marzo l’ultimo dei seguitissimi incontri del ciclo “Lettura e visione”. A fare da sfondo al pomeriggio cine letterario, il libro di Leonardo Sciascia Il Consiglio d’Egitto (1963) e l’omonimo film del 2002 di Emidio Greco.    
A introdurre la proiezione del film, la presentazione di Adriana Cappelluzzo, la nostra collaboratrice dottoranda in Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e ospite ad Anversa per un programma di co-tutela con l’Universiteit Antwerpen. La dottoressa Cappelluzzo ci ha proposto una panoramica sull’intera opera letteraria e biografica di Leonardo Sciascia, nato nel 1921 a Racalmuto, un paesino dell’entroterra di Agrigento.        
Gli anni della formazione di Sciascia sono legati all’influenza di due grandi scrittori italiani dei primi del Novecento: Luigi Pirandello e Vitaliano Brancati. A questi due autori, Sciascia deve un insegnamento diverso: Pirandello è espressione di una scrittura irrazionale; Brancati, invece, è il modello della razionalità. Protagonista indiscussa di tutti i romanzi di Sciascia resterà sempre la Sicilia, luogo per il quale nutre un profondo senso critico, se si pensa alla battaglia condotta durante la sua attività da maestro di scuola a Ragalpetra. In questa occasione denuncia le condizioni di degrado della scuola meridionale.



Sciascia è anche il primo autore italiano a introdurre il fenomeno mafioso nella trama dei suoi gialli (Il giorno della civetta, 1961).  Del 1963 è, poi, il romanzo Il Consiglio d’Egitto che trae ispirazione da una vicenda storica realmente accaduta: l’invenzione da parte di Giuseppe Vella del Consiglio di Sicilia e del successivo Consiglio d’Egitto. 
Il film ripercorre molto fedelmente le pagine del libro con una netta differenza, però, per quanto riguarda il ritmo della narrazione, più lenta nel film rispetto al romanzo. La Sicilia del ‘700 viene mostrata in tutta la sua ricchezza: banchetti, abiti eleganti e privilegi nobiliari. Ma anche qui, come nel resto del Regno delle Due Sicilie, giungono gli ideali giacobini rappresentati dall’avvocato Di Blasi. Quest’ultimo e l’abate Vella si ritrovano, nelle scene conclusive, come vittime di quella grande impostura che è la vita. 
La Cappelluzzo ci ha poi condotti alla scoperta dell’ultima fase sciasciana caratterizzata, da un lato, dall’interesse per la cronaca nera (Il contesto, 1971; Todo Modo, 1974; La scomparsa di Majorana, 1975), dall’altro, negli anni ’80, dagli incarichi nella politica italiana.       



Leonardo Sciascia muore a Palermo nel 1989 e sulla lapide, per sua volontà, viene scritto “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta” (Villiers de l’Isle-Adam): testimonianza della duratura fede nel legame tra letteratura e vita.
A seguire, i nostri soci hanno partecipato al dibattito guidato da Rossella Pensiero e la stessa Adriana Cappelluzzo. Molti i temi emersi durante la conversazione, soprattutto rispetto ai numerosi punti di contatto tra il film ed il libro. Infatti, a differenza degli scorsi appuntamenti, in cui era emersa una profonda distanza tra le scelte della regia e le intenzioni degli autori dei romanzi, questa volta l’operazione cinematografica è stata una riproduzione fedele del libro di Sciascia. Per coloro che avevano letto il libro, dunque, ha rappresentato una sfida più semplice seguire i dialoghi e le scene della pellicola, a volte un po’ statiche.   
I soci hanno ben accolto la proiezione e più in generale l’esperimento dei tre incontri del ciclo “Lettura e visione”. Onorati e contenti della vostra partecipazione, speriamo di poter replicare nei prossimi anni.

Naomi Camardella

Essere Gigione, il documentario di Valerio Vestoso presentato ai soci della Dante di Anversa


“Bravo italiano!”, “Canta ancora, tu porti gioia al cuore!”, “Canti bene italiano!” gridano i soldati tedeschi nel capolavoro di Ermanno Olmi Torneranno i prati.
Così, individuando in una canzone dal testo popolare il senso profondo di una sopravvivenza agognata, l’esercito nemico ascolta tra la neve la voce melodiosa di un soldato italiano, su un fronte di guerra candido, epurato da ogni segno di umana civiltà. Quella voce, così semplice e immediata, rappresenta infatti un momentaneo sollievo per lo spirito, una pausa sonora in quel silenzio asettico e privo di tempo, in cui le notti rincorrono le notti e la mente anela una via di fuga che dia sostegno al corpo.
Sembra paradossale partire da una citazione così alta, da un film d’autore così intimo e sofferto, per parlare di Luigi Ciaravola, in arte Gigione, protagonista di un documentario dalle tinte folkloristiche, ospitato dalla Filmhuis Klappei in occasione del Festival del Cinema Sociale, nella stessa giornata del film di Olmi. Eppure, l’uomo che emerge dal documentario di Valerio Vestoso, Essere Gigione, una volta indossata l’uniforme del cantante, sembra ricoprire una missione non distante da quella del soldato olmiano: invocato dalla folla, risponde alla richiesta di evasione di un uditorio ben preciso, quello della provincia italiana del centro-sud, dove le feste di piazza interrompono il susseguirsi dei giorni, allontanando per un attimo i pensieri dalle piccole prigioni quotidiane.
Gigione, guardato con circospezione da una certa parte d’Italia, viene spesso percepito come la caricatura di se stesso, per la schiettezza dei gesti, il modo di vestire diventato quasi un marchio di  fabbrica (immancabile il berretto e la t-shirt a maniche corte), ma soprattutto per le tematiche affrontate nei testi, che vanno dalla più pia devozione religiosa alla profanità più licenziosa, in un modo che farebbe sorridere (o inorridire a seconda dei casi) una mente mediamente istruita, senza andare a scomodare le vette più alte dell’intellettualismo. Una vera e propria macchietta se poi a conoscerlo, per la prima volta, al cinema, è un pubblico composto per la maggior parte da stranieri.
Tuttavia, il pregio del lavoro presentato da Vestoso non risiede tanto nel ritratto esuberante dell’artista e del suo fenomeno (così eclatante da sembrare inspiegabile) quanto nell’uomo che si cela dietro ai motivetti facili e allusivi e che, di tanto in tanto, fa capolino nella narrazione. Quando cioè è Luigi Ciaravola a raccontare il suo essere Gigione.



Nel turbinio di kermesse che animano i paesini del centro e del sud Italia durante il periodo estivo, quando il caldo rende tutto più caotico e chiassoso, l’abbigliamento, le posture, i rumori e persino gli odori, Gigione si muove da vero mestierante (con tutta la nobiltà semantica racchiusa nella definizione di chi sa come svolgere il proprio mestiere). Nonostante l’età, non si sottrae ai numerosi chilometri da percorrere per esibirsi anche in più concerti nella stessa giornata. Non si scompone se il camerino è composto da una tenda tirata su alla buona nel retro del palco, o nel mezzo di una campagna, e vi attende in silenzio e con pazienza, raccogliendo le energie, come un leone in attesa di salire nell’arena. Non cena per non compromettere la performance. Conosce perfettamente quello che il pubblico si aspetta da lui e gli dà esattamente quello che vuole, muovendosi tra la gente con la consapevolezza di chi sa di avere indovinato la formula vincente.
Gigione esercita la musica come mestiere, come raccontano le storie di molti uomini della sua generazione che, pur spinti da vocazioni artistiche, hanno anteposto ad esse le necessità primarie. In una piccola chiosa, scopriamo ad esempio che Luigi, cresciuto in una famiglia di musicisti, aveva iniziato sin dalla tenera età ad apprezzare il jazz (genere quantomeno sofisticato) ma che aveva poi scelto di abbandonarlo, perché col jazz “non si mangia”. Ciò lo ha portato a ricercare, e a trovare, la giusta strada per arrivare al cuore del suo pubblico, il più vasto e popolare possibile. E il suo pubblico lo ha premiato, trasformandolo in un idolo.



L’ascolto delle sue canzoni (sapientemente inserite in maniera extradiegetica da Vestoso in punti cardine della narrazione) e le scene di adorazione da parte dei suoi fan (sottolineate da inquadrature strette sui volti a catturarne le espressioni o su dettagli del vestiario che rinviano a precise connotazioni sociali) hanno strappato più di un sorriso nell’atmosfera sospesa della sala cinematografica, tra il divertito e l’incredulo.
Gli spettatori più scettici si saranno persino chiesti: a che pro girare un documentario su un personaggio del genere, tanto popolare sì, ma solo per il “popolo”? Ecco allora che l’attenzione deve necessariamente spostarsi dall’uomo al fenomeno.
Per trovare una possibile risposta a questa domanda, basta infatti soffermarsi su alcune delle storie raccontate dai suoi fan. Prima fra tutte quella di un’ex ballerina classica che, avendo perso l’uso totale del corpo in seguito a un incidente stradale, riesce ora a ritrovare la gioia e la leggerezza di un tempo solo intonando le sue canzoni e partecipando ai concerti, dove l’empatia con il pubblico non manca mai.



Una volta ascoltata la storia di questa ragazza, tutte le risate sgraziate, i trucchi e i tacchi esagerati, i cori sguaiati e i balli scomposti, sui quali tanto aveva insistito l’occhio ironico e dissacrante della telecamera, cambiano improvvisamente di significato e la risata lascia il posto alla riflessione. Il grottesco scompare quando ci si rende conto che ciò a cui si sta assistendo non è altro che la manifestazione di un’esigenza atavica, il bisogno universale di prendere parte a un rito collettivo, per condividere con gli altri, nello spazio comune di una piazza, il proprio stato d’animo, godere di un momento di evasione con i mezzi semplici che si hanno a disposizione. Non importa lo spessore del testo o la nota stonata, ma il motivo leggero che rinfranca lo spirito.
E allora che canti Gigione! “Bravo italiano”, “Canta ancora, tu porti gioia al cuore!”, “Canti bene italiano!”.
Rossella Pensiero

Si chiude tra poche ore l'expo D'ArTE

Tra poche ore giunge alla conclusione D'ArTE, la rassegna artistica organizzata dalla Dante di Anversa in collaborazione con IIC di Bruxelles, SD Worx, Kaska, De Groene Waterman e LIM Studio. Non perdetevi il finissage, ci sono ancora dei premi da distribuire!