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domenica 30 maggio 2021

Napoli dal 1700 al 1945 - di Luca Gatti

 

Ciao,

dopo la Rinascita passiamo al secondo tema di questo ciclo. Ovvero, Napoli dal 1700 al 1945.

Ricordo che l'incontro NON sarà mercoledì ma GIOVEDì 3 giugno, ore 18.30 in Italia (9.30 in California). Il 2 giugno come sapete è la Festa della Repubblica in Italia, un giorno di festa per tutti.
Quindi ci vediamo giovedì 3 giugno per parlare di una città straordinaria: Napoli!

Nell'ultimo incontro mi è stato chiesto perché il Giro d'Italia ha il colore rosa. La risposta è che il primo organizzatore del Giro fu un giornalista della Gazzetta dello Sport, giornale sportivo italiano con le pagine di colore rosa.  Per una migliore spiegazione qui puoi trovare un articolo: clicca qui
Mentre qui puoi trovare un video: clicca qui

E questo è il video bellissimo della tappa del Giro d'Italia di 164 km Perugia-Montalcino. BELLISSIMO!!! Clicca qui

Come sai, da oggi, per me, inizia una prima mini vacanza. Solo 3 giorni, all'Isola del Giglio, in Toscana.
Un saluto e alla prossima settimana, con il racconto di questa mini vacanza ;-)

Buon fine settimana
Luca

Lo stagista Erasmus+ Riccardo Magagna


Accogliamo con piacere Riccardo, nuovo Erasmus+ alla Dante di Anversa, che avrà il compito di curare una serie di progetti in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles.


Riccardo Magagna con Emiliano Manzillo

Ciao a tutti, mi chiamo Riccardo Magagna, ho 23 anni e vengo da Vicenza. Sono laureato in Lettere Moderne all’Università di Padova e attualmente sto concludendo la magistrale di Editoria e Giornalismo a Verona. Augusto scrisse “Festina Lente” qualche secolo fa, letteralmente “affrettati lentamente”, ciò sta a significare che dobbiamo avere la capacità, la prontezza, di cogliere le occasioni che attraversano la nostra vita come se fossero dei treni in corsa, ma una volta saliti su quello che crediamo sia il “vagone giusto per noi” dobbiamo imparare a proseguire con cautela e intelligenza, godendoci il viaggio e dimostrando tutto il nostro valore. Questa è la filosofia che provo ad applicare alla mia vita ed è quello che cercherò di fare durante questa esperienza“.

Con Riccardo, conosceremo a fine giugno con una conferenza Zoom, la realtà sportiva del Veneto, passando in rassegna personaggi ed eventi meno noti ai più, con un focus particolare sul successo della pallacanestro in Italia.

mercoledì 26 maggio 2021

E A DIR DI SARDIGNA – 21/5/2021

Venerdì 21 maggio si è svolto l’evento online per i soci della Dante “E a dir di Sardigna”, presentato dalla tirocinante del nostro team Erasmus + Camilla Dore. La presentazione, che ruota intorno agli aspetti storici, culturali e paesaggistici della Sardegna, ha ottenuto il patrocinio morale dell’ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo) grazie alla disponibilità e alla collaborazione di Alfonso Santagata.

Le frasi scelte da Camilla per l’apertura dell’evento sono quelle di due grandi autori, uno più antico e uno quasi contemporaneo; si parla in primo luogo di Dante, il quale nel canto XXII dell’Inferno ha parlato della Sardegna attraverso questi versi: “E a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche”. Con queste parole il Sommo Poeta apostrofava i sardi, riportando l’abitudine degli abitanti dell'isola di parlare molto spesso della propria terra natia, senza stufarsi. La seconda, celebre frase è del cantautore Fabrizio de André, il quale ebbe un rapporto profondo e a tratti complicato con la terra sarda, che descrisse con queste belle parole:

La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo
possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di
foreste, di campagne, di coste immerse in un mare
miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io
consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso.

Le immagini scelte accompagnano perfettamente le parole dell’artista scomparso; riportano infatti la splendida Grotta Azzurra di Masua, con la forma della Sardegna, e le verdi montagne del Marganai. La descrizione geografica dell’isola viene effettuata con chiarezza da Camilla, la quale tocca gli aspetti naturalistici più diversi che caratterizzano il clima e il paesaggio isolano. Il viaggio virtuale prosegue con la storia plurisecolare di questa terra antica, le cui origini risalgono al periodo nuragico e alla fiorente quanto misteriosa civiltà che abitò l’isola nel II millennio A. C.

I nuraghi sono il simbolo architettonico di questo periodo preistorico: ce ne sono più di 7000 disseminati sul territorio isolano, probabilmente con funzione di torri di vedetta. Le altre costruzioni caratteristiche dell’isola sono le Tombe dei Giganti, alte sino a 3 metri e lunghe circa 30, luoghi del culto funerario; altri simboli artistici sono dati dai misteriosi Giganti di Mont’e Prama, statue raffiguranti soldati armati alte circa 2,5 metri, delle quali si sa ancora pochissimo, e dai bronzetti, delle piccole statue in bronzo raffiguranti figure umane durante la loro vita quotidiana, nonché animali, armi, navi e ancora soldati, in particolare arcieri. L’impronta del passato si evince inoltre dalla presenza di numerose Domus de Janas (case delle streghe), di dolmen e menhir, tutti elementi architettonici risalenti al Neolitico.

Il percorso attraverso la storia sarda prosegue con la descrizione delle numerose dominazioni subite dall’isola, che per la sua posizione strategica nel Mediterraneo era oggetto del desiderio di molti popoli: fenici, cartaginesi, romani, vandali e bizantini passarono infatti per la Sardegna, per periodi più o meno lunghi.
I momenti salienti della storia isolana sono poi dati dalla dominazione aragonese-spagnola, che secondo alcuni studiosi sarebbe stato il momento più buio per la terra sarda, e dal periodo Giudicale, ritenuto invece uno fra i periodi storici di maggiore  fioritura. In seguito, la dominazione dei Savoia (1720) ha profondamente segnato gli eventi isolani nonché la società stessa, fino alla cacciata dei funzionari sabaudi ricordata con Sa Die de Sa Sardigna, che si celebra il 28 aprile.
Camilla ha proseguito introducendo le figure culturali più rappresentative della storia sarda moderna, tra cui l’autrice premio Nobel Grazia Deledda e l’artista Maria Lai.


La presentazione ha poi visto affrontare un elemento peculiare della Sardegna, ossia la sua lingua. Il sardo è infatti riconosciuto legalmente come lingua autonoma; si tratta di una lingua neolatina, divisibile in due grandi filoni linguistici: il logudorese (parlato nel centro-nord) e il campidanese (parlato nel sud), insieme a una moltitudine di varianti e caratteristiche che cambiano anche di paese in paese. È stato inoltre sottolineato il caso particolare di Alghero, città in cui si parla ancora il catalano, segno della dominazione spagnola, e del tabarchino, inflessione linguistica simile al genovese parlata a Carloforte.


La Sardegna di oggi è divisa nelle quattro provincie di Sassari, Nuoro, Oristano e Sud Sardegna, oltre alla Città metropolitana di Cagliari. Camilla ha proseguito la descrizione dell’isola parlando degli aspetti e dei luoghi peculiari di ciascuna provincia: l’Arcipelago della Maddalena, Porto Cervo, Castelsardo e il Parco dell’Asinara per quella di Sassari; il Supramonte, Arbatax, Cala Mariolu e Goloritzè, i paesi di Orgosolo e Mamoiada per quella di Nuoro; la zona archeologica di Tharros, Bosa e la spiaggia di Is Arutas per quella di Oristano; Costa Rei, Villasimius, Masua e Porto Flavia per quella di Cagliari. Il capoluogo di regione, inoltre, offre un patrimonio storico-artistico di notevole interesse, i cui simboli sono identificabili nella Cattedrale di Santa Maria Assunta, nelle torri dell’Elefante e di San Pancrazio e nel quartiere di Castello. La spiaggia della città, il Poetto, è sormontata dall’imponete monumento naturalistico della Sella del Diavolo, mentre i fenicotteri rosa sono divenuti l’animale simbolo di Cagliari, dal momento che sono presenti negli stagni cittadini per tutto l’arco dell’anno.



Camilla ha saputo destreggiarsi abilmente nell’introdurre gli eventi tradizionali più noti e più sentiti dell’isola: Sant’Efisio, la cui festa si celebra a Cagliari il primo maggio, e la Sartiglia, festa simbolo di Oristano, di origine medievale, che si svolge l’ultima domenica e il martedì del Carnevale. I video mostrati durante la presentazione, inseriti nel momento più opportuno, hanno contribuito a ravvivare l’immaginazione dei partecipanti.


Non poteva mancare la menzione dei cibi e della cucina tipica sarda, che si differenziano in base alla zona. Della sub-regione del Campidano sono celebri is malloreddus, una pasta tipica condita con sugo di carne; dell’Ogliastra sono invece rappresentativi is culurgiones, ravioli di pasta ripieni di patate, formaggio e menta, conditi con sugo o formaggio e salvia; l’oristanese propone invece la bottarga come piatto principe, ossia uova di muggine essiccate e salate, ottime per condire diversi piatti o da mangiare semplicemente a fette; del nuorese invece è tipico il pani frattau, un piatto creato con pane carasau, sugo, pecorino e uovo in camicia… Ma questo è naturalmente solo un assaggio dei numerosissimi e buonissimi piatti della tradizione culinaria sarda, la quale vede come alimento comune il famosissimo proceddu arrostiu, ossia il maialetto arrosto.


La Sardegna ha anche un patrimonio musicale autoctono di grande importanza, rappresentato in particolare dal canto a tenore, nominato Patrimonio immateriale dell’umanità, e dalle launeddas, antichissimi strumenti a fiato continuo creati dalla sapiente lavorazione delle canne di stagno. La musica accompagna il ballo sardo nelle sue molteplici forme, la cui esecuzione più diffusa è quella de su ballu tundu (il ballo in tondo), in cui si muove solo la parte inferiore del corpo mentre le braccia restano ferme, come viene mostrato in un video esplicativo da Camilla.


La presentazione termina con le curiosità sull’isola, detta dei centenari, poiché è presente un numero molto elevato di persone che compiono (e superano) cento anni. Una famiglia di Perdasdefogu ha addirittura ottenuto il Guinness World Record per la longevità dei suoi componenti. Che il segreto per la lunga vita sia quello di vivere in una terra così straordinaria? Questa presentazione non poteva certo dare una risposta a tale quesito, ma ci ha sicuramente fatto venire voglia di visitare quest’isola antica e suggestiva, non solo per le sue spiagge.


L’argomento vasto e interessante della presentazione ha suscitato diverse domande da parte del pubblico: alla richiesta di un’opinione sui nuovi scrittori sardi, Camilla ritiene di grande interesse l’opera di Michela Murgia, non solo letteraria ma anche televisiva e radiofonica. L’argomento della dominazione dei Savoia ha generato un’osservazione su quanto questa casata abbia in realtà sfruttato non solo la Sardegna, ma l’Italia tutta; e parlando ancora di dominatori, ci si è chiesti se gli spagnoli, che sono stati in moltissime parti del globo, abbiano mai lasciato un’impronta positiva nei luoghi in cui sono stati: è nata così una piacevole digressione storica fra i soci della Dante, che hanno espresso le loro teorie in merito.
Le domande poi si sono rivolte alla Sardegna contemporanea a e a come oggi i giovani vivano la tradizione: Camilla ha affermato che purtroppo molti elementi storici e culturali si stanno perdendo, ma che molte associazioni si sforzano di mantenere alto il coinvolgimento delle nuove generazioni. Una domanda sull’emigrazione dall’isola verso l’estero ha spostato l’interesse sulla situazione economica e lavorativa della Sardegna di oggi, purtroppo non molto felice, che ancora adesso spinge molte persone a lasciare la propria terra per una maggiore stabilità economica e lavorativa.


Il lavoro di Camilla ha portato la cultura e la tradizione sarda al di fuori dei suoi confini geografici, facendoci viaggiare, seppur virtualmente, in un luogo magnifico e in attesa di poter riprendere a viaggiare con maggiore serenità verso mete meravigliose, alle quali ora, ancor più di prima, possiamo certamente aggiungere la Sardegna.

Monica Melis
Team Erasmus + 2021 della Dante di Anversa





Un ringraziamento speciale all'ENIT







martedì 25 maggio 2021

Il primo workshop per i più piccini organizzato dalla Dante di Anversa

 


Un workshop artistico per i più piccini, nel cortile della Klappei (Klappeistraat 2, 2060 Anversa), con una vera artista, Lynn Bruggeman! Si parla in italiano e nederlandese...ci si diverte!


Herderszangen - Traduzione delle Egloghe di Dante di Patrick Lateur


Le Egloghe sono due componimenti di carattere bucolico scritti in lingua latina da Dante Alighieri tra il 1319 ed il 1320 a Ravenna e pubblicate per la prima volta a Firenze nel 1719.

Le egloghe, rispettivamente Vidimus in nigris albo patiente lituris di 68 versi e Velleribus Colchis prepes detectus Eous di 97 versi, sono composte in esametri e si rivolgono a Giovanni del Virgilio, lettore di poesia latina presso l'Università di Bologna, che con una epistola di carattere oraziano, il Pyeridum vox alma, novis qui cantibus orbem, invitava il poeta del "carmen laicum" disprezzato dai dotti, cioè la Commedia, a scrivere un "carmen vatisonum", cioè un carme di carattere eroico, per conquistarsi i letterati e ottenere la corona d'alloro.

Dante risponde al letterato con un'egloga di tipo virgiliano dove immagina che il pastore Titiro (nome sotto il quale si nasconde Dante stesso) e Melibeo (il giovane Dino Perini esule fiorentino) mentre si trovano a pascolare il gregge ricevono l'epistola di Mopso (nome fittizio di Giovanni del Virgilio). A Melibeo che vuole conoscere il contenuto della missiva, Titiro dice che il maestro lo invita a cingersi d'alloro e aggiunge che ne sarebbe felice ma non a Bologna e per il genere di poesia che vorrebbe il dotto, ma sulle rive dell'Arno e per la sua Commedia.

A questa egloga Giovanni del Virgilio risponde a Dante con Forte sub inriguos colles, ubi Sarpina Rheno, e questa volta sotto forma di egloga virgiliana, rinnovandogli l'invito. Dante risponde con una seconda egloga nella quale racconta all'illustre corrispondente delle numerose prestazioni d'affetto e di stima che riceve a Ravenna e al pastore Alfesibeo (sotto il quale si cela il maestro Fiducio dei Milotti) che lo prega di non abbandonare i pascoli che egli ha reso famosi con il suo nome, Titiro risponde dicendogli che non se ne andrà mai da quel luogo pieno di pace e silenzio per recarsi in un'altra dimora.

martedì 18 maggio 2021

Dante e l’Islam – presentazione a cura di Monica Melis.

Venerdì 7 aprile ha avuto luogo su Zoom il secondo appuntamento con le tirocinanti Erasmus + della Dante di Anversa. Monica Melis, dottoressa in Lingue e Comunicazione e laureanda in Filosofia e Teorie della comunicazione, ha esposto la sua presentazione sul rapporto tra il Sommo Poeta e la religione islamica.



Monica ha compiuto un interessante excursus sui vari studi e teorie che, dal XVIII secolo, hanno avanzato l’ipotesi del possibile legame tra il capolavoro dantesco con opere di origine musulmana. La teoria più importante fu quella avanzata dal sacerdote spagnolo, Don Miguél Asín-Palacios, dotto islamista e docente all’Università di Madrid, il quale pubblicò i risultati di una sua lunga ricerca nell’opera intitolata La Escatologia Musulmana en la Divina Comedia. Asín-Palacios rilevò la somiglianza tra numerosi elementi simbolici presenti nella Commedia dantesca e alcuni racconti arabi sull’Aldilà, in particolare quello del Miraj (l’ascensione al cielo di Maometto), contenuti nel Libro della Scala.

Attraverso delle immagini particolarmente esplicative, Monica ha mostrato scrupolosamente le numerose somiglianze tra i racconti del Libro della Scala e la Commedia: durante il suo viaggio Maometto incontra alcune fiere che gli sbarrano il passo, un leone e un lupo, proprio come Dante, che però incontra il leone, il lupo e la lonza (forse, una lince o un leopardo). Proprio come il nostro Dante, Maometto non compie questo viaggio da solo ma è affiancato da una figura, l’arcangelo Gabriele, il quale lo guida come Virgilio guida Dante.


È stato particolarmente interessante vedere come l’architettura degli Inferi e la cosmografia celeste siano pressoché identiche: infatti, il modello dell’inferno musulmano e quello dell’inferno dantesco possiedono entrambi una forma a imbuto formato da una serie di ripiani, sette nel caso islamico, nove (dieci, compreso il limbo) in quello dantesco. Anche l’inferno musulmano è suddiviso per la tipologia del peccato commesso, e quindi anche dal punto di vista morale e vi sono delle analogie anche tra le punizioni dei dannati: come nella Divina Commedia i tormenti sono correlati alla propria colpa per analogia o per contrapposizione, anticipando il famoso contrappasso. Inoltre, molte delle punizioni sono simili, come quella afflitta ai cattivi figli, sommersi nel fuoco e tormentati da demoni che li afferrano con ganci di ferro, proprio come i barattieri nella V bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno dantesco.


Come l’inferno, anche la cosmografia celeste risulta alquanto simile: Dante chiama sette cieli con i nomi degli astri del sistema tolemaico, a cui aggiunge altre tre sfere: quella delle stelle fisse, quella cristallina e l’empireo. Nella tradizione islamica queste tre sfere rappresentano le ultime tre tappe del viaggio notturno del profeta Muhammad: il loto, la casa abitata e il trono di Dio. I sette cieli invece sono presidiati ognuno da un profeta e sono associati a un elemento alchemico. Inoltre, sia nel paradiso dantesco che in quello islamico vi è l’impossibilità di descrivere le visioni celesti a causa dei limiti dell’intelletto e delle visioni umane. Infatti, la luce intensa del divino ottenebra la vista di Maometto al punto che teme di diventare cieco: Gabriele prega Dio e fa sì che Maometto sia in grado di vedere la luce, azione che per Dante viene compiuta da Beatrice nel Paradiso.

Nonostante queste palesi somiglianze, la teoria di Asín-Palacios sollevò numerosissime polemiche nella critica letteraria: i dantisti, soprattutto italiani, dichiararono inammissibile l'ipotesi dell'ispirazione araba della Commedia e la rifiutarono. Ciò nonostante, il lavoro del sacerdote spagnolo diede un nuovo impulso agli studi danteschi nel mondo arabo e, di conseguenza, anche alle traduzioni della Commedia in lingua araba.

Tuttavia, tutte le traduzioni arabe della Commedia si scontrano con la difficoltà di rendere accettabili le posizioni teologiche dantesche ai lettori di fede musulmana, poiché Maometto si trova, insieme a suo genero, nel canto XXIII dell'Inferno tra i seminatori di discordie. Tale difficoltà risulta particolarmente evidente nella traduzione del musulmano ‘Uthman, il quale nonostante sottolinei continuamente i parallelismi esistenti tra l’opera dantesca e le opere islamiche, decide di saltare del tutto quel passo dell’Inferno. La giustificazione a questa sua azione si trova nelle note, nelle quali ‘Uthman afferma di ritenere tali versi inappropriati da tradurre e che Dante ha compiuto un errore poiché influenzato dall’opinione comune della sua epoca.

Anche se le più recenti traduzioni mantengono la cantica nella sua interezza, sostituendo il nome del Profeta con dei puntini di sospensione, esse rimangono oggetto di un dibattito che dura ancora oggi: è infatti recente l’episodio della traduzione in nederlandese dell’Inferno ad opera della fiamminga Lies Lavrijsen, nella quale viene omesso il nome di Maometto per non “offendere inutilmente” i lettori islamici. La questione ha sollevato un forte dibattito anche in Italia, poiché questa traduzione è uscita proprio durante le celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta.


A tal proposito, il professore dell’Università di Anversa, Rosario Gennaro, ha colto l’occasione per chiarire la questione sulla veridicità della presenza di islamofobia nell’opera del Sommo Poeta, spingendo il pubblico a riflettere sul fatto che, se la casa editrice si è posto un problema, evidentemente si tratta di un tasto dolente di cui dover parlare, preferibilmente evitando lo scontro.

Monica afferma che tale accusa risulta infondata, poiché l’interesse e il rispetto che il Sommo Poeta nutriva verso la cultura e letteratura islamica è alquanto noto: infatti, si trovano nel limbo due grandi filosofi musulmani, Avicenna e Averroè, accanto ai maggiori pensatori greci. Il primo è il nome latinizzato di Abu Ali al-Husain ibn-Sina, noto nell’Occidente medioevale per due scritti di carattere medico-filosofico, il Canone e il Libro della guarigione. Il secondo nome latinizzato è quello del filosofo arabo-spagnolo Abul Walid Mohammad Ibn Rushd, a cui si devono alcuni fondamentali Commenti alle opere di Aristotele, che nell’Occidente latino gli valsero il titolo di “grande commentatore”.


Come fa notare Monica, il terreno delle traduzioni risulta essere particolarmente insidioso, soprattutto quando vengono coinvolte le religioni. Ma questa non deve essere la giustificazione per omettere o modificare parti appartenenti a testi secolari come la Commedia dantesca. Ciò di cui vi è bisogno è contestualizzare ciò che veniva scritto 700 anni fa. In generale, i soci della Dante di Anversa hanno bocciato vistosamente quest’ultima traduzione, ritenuta mendace, incompleta e fondamentalmente disonesta, in quanto tradurre comporta sì adattare e mediare fra le culture, ma senza mutilare il testo.

Ristabilire un contatto tra la cultura islamica e la cultura occidentale è certamente possibile e, come afferma Monica, il ponte tra queste due importanti culture può essere senza dubbio Dante e la Divina Commedia.


Federica Pinna

Team Erasmus+ 2021
La Dante di Anversa 

giovedì 6 maggio 2021

Il culto di Sant’Efisio – presentazione a cura di Federica Pinna

In occasione dei rituali festeggiamenti in onore di Sant’Efisio, Federica Pinna, tirocinante Erasmus+ della Dante e laureanda in Filosofia e Teoria della comunicazione all’Università di Cagliari, ha tenuto una presentazione per illustrare agli studenti e ai soci della nostra associazione le origini del culto del Santo di Cagliari e per rivelare l’importanza di tale ricorrenza religiosa, non solo per i cagliaritani, ma per i fedeli e non provenienti da tutta la ragione. La processione è infatti riconosciuta patrimonio immateriale dell’UNESCO dal 2014.


La presentazione si è tenuta il 30 aprile, data non casuale giacché la festività religiosa ricade il primo di maggio. L’origine della data, come ha spiegato Federica, risale già al XVII secolo, quando la città di Cagliari fece un voto al Santo per essere liberata dalla peste: se Cagliari fosse riuscita ad affrontare tale flagello, ogni anno si sarebbero tenute feste e processioni in onore di Sant’Efisio. Tuttavia, prima ancora di svelare ogni curiosità riguardante i festeggiamenti, Federica ci ha brevemente mostrato gli eventi più significativi della vita del Santo, concentrando in poche, ma accurate righe, una vera e propria agiografia. 


Nato in epoca imperiale, sotto l’Imperatore Adriano, Sant’Efisio si è distinto fin dalla giovinezza per le sue abilità belliche, fiero difensore del paganesimo durante una battaglia egli ebbe un’apparizione che lo spinse alla conversione al cristianesimo. Anche quando, successivamente, fu arrestato per la sua fede e torturato non abiurò mai e poco prima dell’esecuzione della condanna a morte lanciò una protezione sulla città di Cagliari, dal momento che nelle vicinanze si sarebbe svolta la decapitazione.



Il legame con la Sardegna comincia già nell’XI secolo, quando vengono edificate in suo onore due chiese, una a Nora, l’altra a Cagliari, entrambe punti cruciali della processione che ogni anno da secoli si svolge nei primi quattro giorni di maggio incantando e attirando fedeli di tutto il mondo. Il culto del santo rappresenta un momento non solo di profondo raccoglimento religioso, ma soprattutto di aggregazione e di esaltazione delle tradizioni. Ecco perché la Festa si è tenuta ininterrottamente ogni anno dal 1657, anche durante i terribili anni della Seconda Guerra Mondiale e negli ultimi due anni, nonostante l’emergenza sanitaria che tutto il mondo sta affrontando.



Federica ha poi passato in rassegna, con dovizia di particolari, i momenti cruciali della processione e le tradizioni dei festeggiamenti. Dalla solenne investitura dell’Alter Nos da parte del Sindaco – nel 2019 per la prima volta è stato il turno di una donna – alla Messa nella chiesa edificata in onore del Santo. Il momento della processione rappresenta un momento di viva esaltazione del folklore e delle tradizioni sarde; protetto da diversi corpi di guardia vestiti in abiti d’epoca, accompagnato dal suono delle launeddas e dal profumo dei petali di rosa disseminati fuori la chiesa dalle donne vestite in abiti tradizionali, il ricco cocchio con le reliquie di Sant’Efisio sfila per le strade di Cagliari tra l’ammirazione e la gioia dei presenti.

Ciò che più ha attirato l’attenzione degli ascoltatori è stata sicuramente la dedizione nella cura dei particolari che i volontari mettono nell’allestimento della processione. Gli abiti e i gioielli tradizionali hanno suscitato numerose domande e curiosità, così come l’organizzazione della festa che è gestita dall’Arciconfraternita del Gonfalone. Altrettanto interesse è stato dimostrato, poi, per il dialetto sardo, il quale è riconosciuto come una lingua a tutti gli effetti pur non godendo ancora dello statuto ufficiale. Infine, un’ultima domanda sul significato profondo della Festa ha chiuso la presentazione di Federica, la quale ha tenuto a sottolineare in ultima battuta l’importanza di tale evento, molto sentito non solo dai credenti, ma da tutti gli abitanti di Cagliari e del resto della Sardegna, che si riuniscono per ricontrare amici e famiglie per festeggiare assieme. Il culto di Sant’Efisio è fortemente radicato nella tradizione sarda e i suoi festeggiamenti rappresentano anche un momento di rigenerazione e di celebrazione della stagione primaverile, con l’augurio ogni anno di protezione per tutti gli abitanti dell’isola.



La presentazione di Federica Pinna ha aperto un ciclo di incontri a cura delle nostre studentesse Erasmus. Vi aspettiamo dunque per il prossimo evento, venerdì 7 maggio ore 16.00, per trattare del rapporto tra Dante e l’Islam con Monica Melis.

Manuela Caianiello
Team Erasmus+ della Dante di Anversa