Sabato 24 aprile si è svolto l'incontro online con ‘Dante Quotidiano’, presentato dal professor Andrea De Luca, revisore dei conti della dante di Anversa e membro dell’equipe dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles.
Dal nome di Dante è nato un aggettivo, ossia ‘dantesco’, che si usa per definire un’opera relativa al suo stile. De Luca ricorda che in ambito internazionale l’aggettivo indica qualcosa di catastrofico, di terribile o di eccezionale nei toni e delle sensazioni che provoca. Questo è un primo esempio di un termine derivato – sebbene a posteriori – dal Sommo Poeta. Le parole e le espressioni coniate da Dante prendono il nome di ‘dantismi’, che oggi adoperiamo quotidianamente e molto spesso senza sapere.
Gli esempi citati durante l’incontro online sono svariati, tra i quali ricordiamo le parole ufficializzate grazie alla presenza nelle opere del poeta fiorentino, come fantasia, (presente nella Vita Nova) e agricoltura (che troviamo invece nel Convivio); e ancora, fertile – dal latino fero, fers –, e quisquilia (ossia qualcosa di poco conto), presenti rispettivamente nel Canto XI e nel Canto XXVI del Paradiso.
I neologismi sono identificabili invece in alcuni verbi con il prefisso -in, come indiarsi, cioè alzarsi fino a Dio, e inmiarsi, ossia entrare dentro di sé e la propria coscienza, in senso introspettivo.
Per quanto riguarda le espressioni, ricordiamo qui le più vive, più comuni e più usate nella lingua italiana, come il Bel Paese, per riferirci proprio all’Italia (contenuta nel penultimo canto dell’Inferno); o ancora, un modo di dire usato per descrivere qualcosa di non particolarmente eccelso, ma nemmeno così terribile… Insomma, senza infamia e senza lode! Possiamo trovare questa espressione nel Canto III dell’Inferno, dove si trovano gli ignavi e riferita proprio a coloro che non prendono una posizione nella vita. Altra famosissima espressione proveniente dalla Commedia è ‘Galeotto fu…’, tratta dal Canto V dell’Inferno e riferita al libro che fu colpevole (galeotto, appunto) di aver provocato la passione tra Paolo e Francesca. Oggi si usa proprio per descrivere in modo leggero e giocoso la causa scatenante di un amore o di una relazione tra due persone.
Anche il cantautorato italiano (e non solo) ha attinto a piene mani dall’universo lessicale e retorico dantesco: toccando questo argomento, viene citato forse uno dei più celebri esponenti del panorama musicale nostrano, Fabrizio de André, il quale scrisse una canzone dedicata al dramma amoroso di Paolo e Francesca, intitolata Al ballo mascherato. Cantanti delle generazioni successive, come Raf in Un tempo indefinito e Jovanotti con Serenata rap, citano il famoso verso dell’Inferno ‘Amor, ch'a nullo amato amar perdona’, ma l’esempio calzante della versatilità metrica dell’opera di Dante lo ritroviamo nella canzone di Angelo Branduardi ascoltata durante la presentazione, il quale ha musicato il Canto XI del Paradiso per intero. Inoltre, molte band d’oltreoceano, soprattutto del genere metal, hanno tratto ispirazione dall’opera dantesca: i brasiliani Sepultura hanno dedicato un intero album all’opera del Sommo Poeta, ‘Dante XXI’ (2006); i celebri Anthrax, invece, danno spazio a Dante nella loro discografia con le canzoni Howling Furies (Fistful of Metal, 1984) in cui vengono riprese le parole incise sulla porta dell’Inferno, e Medusa (Spreading the Disease, 1985), in cui si cita l’incontro di Dante con Medusa nel Canto VIII.
Perfino i videogiochi si sono ispirati al viaggio dantesco (Dante’s Inferno, 2010), per non parlare del mondo delle pubblicità, del quale De Luca mostra alcuni rapidi esempi.
Il debito nei confronti di Dante è dunque conclamato non solo in campo letterario, ma anche musicale, commerciale, videoludico, oltre che, naturalmente linguistico: basti pensare che il linguista Tullio de Mauro ha dimostrato che il nostro vocabolario fondamentale, cioè l’insieme di quelle parole che usiamo di più nella comunicazione quotidiana, si trova già formato all’80% nella Commedia.
Monica Melis
Team Erasmus+ La Dante di Anversa