Giovedì 8 novembre la storica
Anne Morelli, professoressa dell’Università Libera di Bruxelles, ha incontrato
i soci della Dante di Anversa e tenuto una conferenza incentrata sui movimenti
anarchici in Italia e Belgio e sulla travagliata storia di Gennaro Rubino, a
cui ha dedicato il volume intitolato Rubino,
l'anarchiste italien qui tenta d'assassiner Léopold II (Labor, 2006; tradotto
in nederlandese come Rubino, de aanslag
op Leopold II, Epo, 2009).
In primo
luogo, sono stati rievocati alcuni eventi storici indispensabili alla
comprensione del clima di tensione e di ingiustizia sociale che ha
caratterizzato gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento,
quando reali e politici di tutta Europa sono stati vittime di attentati,
riusciti e non. Basti ricordare il tentato assassinio, nel 1858, di Napoleone
III da parte di Felice Orsini, trasformatosi in strage, oppure il cosiddetto
“decennio delle bombe” (1894 – 1904), entro il quale si sono registrati numerosi
attentati operati da anarchici italiani.
Nello
studio del fenomeno degli attentati, quindi, sempre tenendo presente il
contesto storico generale, si afferma la necessità di indagare anche la storia
individuale del singolo che prende l’iniziativa di un gesto tanto estremo. La strategia
di fondo della corrente anarchica, ossia l’uccisione di un personaggio di
spicco della vita politica del tempo, era quindi condivisa e ritenuta
funzionale ad innescare nel popolo la rivolta contro il sistema costituito. In
questo, gli anarchici italiani furono protagonisti, tanto da alimentare
l’immagine stereotipata dell’attentatore “naturalmente italiano” diffuso nella
stampa dell’epoca: nel 1894, Sante Caserio pugnala mortalmente il Presidente
della Repubblica francese Sadi Carnot, e viene perciò ghigliottinato; nel 1897,
Michele Angiolillo uccide il Presidente del Consiglio spagnolo Antonio Cánovas
del Castillo; ancora, nel 1898, Luigi Lucheni pugnala con una lima
l’Imperatrice Elisabetta d’Austria, Sissi; in Italia, nel 1900, Gaetano Bresci
spara al re Umberto I di Savoia, uccidendolo. Dietro ad ognuno degli eventi ora
ricordati c’è però anche la storia del singolo artefice, che spesso concorre in
maniera determinante alla realizzazione di questi atti che tanto hanno
modificato la storia.
Il caso
di Gennaro Rubino, sconosciuto ai più, illustra perfettamente questo assunto. Rubino
trascorse la sua giovinezza in Puglia, dove, pur dimostrandosi un ottimo
studente, non ebbe modo di proseguire gli studi a causa delle condizioni economiche
della famiglia. Costretto quindi a lavorare, decise di emigrare a Londra in
cerca di maggior fortuna. Qui si trovò a contatto con un ambiente intellettuale
libero e si avvicinò al movimento anarchico. Non riuscì, però, a trovare
successo in ambito lavorativo e faticò a mantenere se stesso e la sua famiglia.
Per questo accettò di lavorare per il consolato italiano come spia nei circoli anarchici.
Scoperto dai suoi compagni, divenne per tutti un traditore.
A questo
punto, la vicenda personale di Rubino si intreccia con la storia del Belgio:
nel 1902, il popolo belga scese in piazza in più occasioni per chiedere il
suffragio universale, e si dice che re Leopoldo II abbia ordinato di sedare sul
nascere con la forza ulteriori manifestazioni. Fu così che a Lovanio
nell’aprile del 1902 morirono sei manifestanti, e il nostro Rubino decise di
dimostrare di essere fedele alla causa anarchica uccidendo il re. A fine
ottobre dello stesso anno, si trasferì a Bruxelles; pochi giorni dopo, si
appostò tra la folla che attendeva il re di rientro da una cerimonia religiosa.
Riconosciuto il sovrano, sparò contro la carrozza che lo trasportava, mancando
il suo obiettivo. Immediatamente arrestato, fu condannato all’ergastolo e
rinchiuso nel carcere di Lovanio, dove scrisse le sue memorie e morì dopo oltre
quindici anni di isolamento.
Il
ritratto di Gennaro Rubino è emerso in maniera assai vivida e ha suscitato un
dibattito acceso e variegato al termine della conferenza. In poco meno di
un’ora, abbiamo avuto modo di riflettere sulla storia d’Italia e degli italiani
all’estero, del Belgio e dell’Europa di inizio Novecento, sul rapporto tra
verità storica e resoconto datone dalla stampa dell’epoca, sull’importanza
degli ideali politici e al tempo stesso della vicenda personale dei singoli
nella determinazione della storia comune. Con grande maestria e chiarezza, la
professoressa Anne Morelli ci ha guidato alla conoscenza di questo pezzo di
storia da un’angolazione nuova, che ci auguriamo possa essere svelata presto
anche al pubblico italiano.
Giulia
Mangialardi
Le foto in questo articolo sono di Naomi Camardella, stagista Erasmus presso La Dante di Anversa.
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