Un nuovo
ciclo di “incontri con l’autore” si è aperto quest’anno grazie al sostegno
dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles. Gli appuntamenti, che ruotano
attorno a interviste-dialogo con alcuni dei più importanti scrittori del
panorama italiano contemporaneo, sono iniziati con la gradevole presenza di
Donatella Di Pietrantonio, vincitrice del Premio Campiello 2017 con la sua Arminuta.
L’interessante
dibattito è stato moderato dal Dottor Andrea De Luca, che è riuscito ad
attribuire un valore aggiunto alla conversazione, non solo perché conterraneo della
nostra ospite, e dunque in grado di cogliere certi aspetti della cultura
abruzzese sconosciuti alla maggior parte della platea, ma anche perché, De Luca,
ha contribuito alla traduzione dell’opera in lingua slovacca (una delle 14
lingue che oggi ne testimoniano il successo), riuscendo a fornire la giusta
cifra interpretativa per le sfumature del dialetto, in una lingua che possiamo
immaginare come molto distante da quella originale.
In
maniera molto affabile e lineare Di Pietrantonio si è rivolta al suo uditorio
illustrando le scelte che l’hanno condotta alla graduale costruzione del
romanzo, a partire dall’immagine di copertina che richiama quella di un altro
grande libro in cui la forza e il dolore femminile si compenetrano, Accabadora di Michela Murgia, o la
citazione iniziale tratta da Menzogna e
Sortilegio di Elsa Morante.
La
lettura di brevi passi del libro e la descrizione dei legami tra i vari
personaggi hanno consentito, anche a chi non si era ancora addentrato nella
lettura, di calarsi nel mondo della protagonista, che è “arminuta” sì, cioè
riconsegnata, quasi come un pacco, all’età di tredici anni alla sua umile
famiglia di origine, ma che appare anche “minuta” (si consenta il gioco di
parole), fragile e impotente nel nuovo contesto in cui si ritrova a vivere, un
ambiente che sente estraneo e che la sovrasta in maniera grossolana, tra le
derisioni dei compagni di classe e l’inadeguatezza di fronte a certi modi di
fare dal sapore aspramente primordiale.
Particolarmente
apprezzato è stato l’approfondimento psicologico sui cui Di Pietrantonio si è
soffermata per motivare le sue scelte narrative, dalla costruzione del
personaggio di Adriana, piccola donna responsabile e dall’intelligenza
“selvatica” che di giorno si fa carico dei doveri domestici e famigliari e di
notte torna a essere bambina, bagnando il letto in maniera incontrollata, al
contrario della protagonista che durante la notte perde il sonno nel tentativo
inconscio di vigilare su una vita che non riesce a padroneggiare. La
presenza-assenza delle due madri che, come spiega Winnicot, realizzano la loro
missione di madre proprio perché imperfette, perché forniscono ai figli un
modello di vita deludente che essi devono superare per poter crescere e realizzarsi.
I padri emotivamente taciturni, che si palesano solo nel momento in cui imporre
la propria autorità: il primo padre che la “riconsegna” a casa, il secondo che
interviene solo davanti alle difficoltà “concrete” dei figli, il nuovo marito
della madre, Guido (nomen omen), che accecato dall’idea di far valere il
proprio pensiero a tutti i costi, non si rende conto dei danni che provoca,
privando di affetto e comprensione le vite di chi lo circonda.
Vincitrici,
in questo mondo di adulti chiamati a condurre, ma senza una bussola che davvero
funzioni, risulteranno proprio le due ragazzine nella bellissima scena finale.
Un finale che Di Pietrantonio ha definito “aperto”, in linea col suo gusto di
lettrice che cerca nei libri «non un piatto completo»
ma delle suggestioni che lascino spazio all’immaginazione, ma che a nostro
avviso rappresenta la perfetta chiusura di un cerchio, in cui entrambe
finalmente scoprono di bastare a se stesse, di poter trovare l’una negli occhi
dell’altra ciò che per molto tempo avevano cercato negli sguardi sfuggenti
degli adulti.
Un
sentito grazie a Donatella Di Pietrantonio per questo viaggio in noi stessi.
Rossella
Pensiero
L'incontro con Donatella Di Pietrantonio è stato reso possibile dall'Istituto italiano di Cultura di Bruxelles e dalla libreria anversese De Groene Waterman
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