Andrea Rapini, professore associato
presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, giovedì 16 novembre ha
ripercorso con i soci della Dante e con gli studenti universitari presenti
all’incontro la storia di una delle icone del design italiano più conosciute al
mondo: la Vespa. Il suo intento è stato quello di ripulire lo scooter più
famoso al mondo dalla patina del mito, considerando maggiormente l’aspetto
storico ed economico, trasportandoci così agli anni ottanta dell’Ottocento,
ovvero al momento della fondazione della Piaggio a Genova (la sede principale a
Pontedera, vicino Pisa, verrà inaugurata nel 1924). Abbiamo scoperto che
l’azienda inizialmente produceva navi, per poi passare alla ferroviaria e
all’aeronautica, settore che si espanse durante il primo conflitto mondiale.
Una volta raggiunta una certa fama in tutta Italia (compare tra i primi
produttori di trasporti all’indomani della seconda guerra mondiale), accettò la
sfida di creare un mezzo accessibile a tutta la comunità nazionale, per dirla
come recitava un titolo de Il Littoriale a fine degli anni Trenta, una sorta di
«bicicletta per il popolo». Di fatto vi era la necessità di stare al passo con
una motorizzazione di massa che in America aveva già visto la produzione di
alcuni scooter e che in stati europei come la Germania aveva elaborato modelli
d’auto importanti, si veda il Maggiolino della Volkswagen (non a caso una vera
e propria ‘auto del popolo’). La Piaggio conosceva entrambe le realtà e rispose
a fine anni Quaranta con il Paperino, il diretto progenitore della Vespa, il
quale tuttavia non ebbe troppo successo. Si dovrà aspettare qualche anno dopo,
il 1946, prima che l’ingegnere aeronautico abruzzese Corradino D’Ascanio presti
il suo genio all’azienda e dia alla luce il modello che conosciamo oggi, così
chiamato per la vita affusolata proprio come una vespa. Da quel momento in
avanti la Piaggio diventa un’impresa transnazionale, che non si limita ad
esportare all’estero, ma che, cercando delle licenziatarie, forma una rete
industriale tutt’oggi esistente, la quale si appoggia alle industrie straniere
conservando l’intuizione italiana.
L’intervento del professor Rapini ha
affascinato i presenti con la visione dei modelli antecedenti alla Vespa,
aiutandoli ad inserire la nascita di questo ‘mito’ in un contesto economico e sociale ben preciso, spiegando
così la genesi di uno semplice scooter che indica un’identità europea e porta
con sé un significato globale.
Sara Lovisa
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