Con il contributo della Dante Alighieri di Anversa, il 24 maggio - presso l’Università di Anversa - il
prof. dr. Rosario Gennaro, docente di lingua,
cultura e letteratura italiana, ha invitato il prof. dr. Antonio Saccone, dell’Università degli studi di Napoli
Federico II, il quale ha tenuto una lezione su Pirandello e il cinema.
La conferenza è partita dall’analisi
linguistica e contenutistica del romanzo Quaderni
di Serafino Gubbio operatore pubblicato nel 1916, riveduto nel 1925 col
nuovo titolo Si gira….
In questo testo vi penetra il mondo cinematografico, condizionandone l’intreccio che viene scandito sui ritmi e tempi
dell’azione filmica. Pirandello manifesta
la sua condanna nei confronti della nuova forma espressiva, e nello specifico,
nello sconvolgimento apportato dalla macchina, colpevole ai suoi occhi di
mercificare la vita e la natura. L’uomo finisce così per essere stritolato dagli
ingranaggi da lui stesso creati. È il caso del protagonista Serafino Gubbio,
che si identifica sempre più con la sua macchina da presa fino a diventare una
mano che gira la manovella.
Ma Pirandello non è
l’unico a fare i conti con il cinema, vi sono anche altri scrittori che si
misurano col nuovo mezzo espressivo. Tra questi Gozzano, Capuana e D’Annunzio,
il quale redige le didascalie di Cabiria (1914) privilegiando una lingua alta e una sintassi
aulica, e svuotando le note dalla funzione referenziale ed informativa che
avevano nel primo cinema muto.
Pirandello, a differenza dei futuristi che esaltano
l’innovazione tecnologica prodotta dal cinema, critica aspramente la proiezione
seriale e bidimensionale, che riduce il valore della recitazione. Al cinema il corpo è inghiottito dalla macchina, l’attore
che al teatro recita in carne ed ossa diventa sullo schermo immagine
immateriale in movimento.
Nonostante queste sferzate nei confronti della
«settima arte» (secondo la definizione data dal critico Ricciotto Canudo),
bisogna comunque riconoscere che Pirandello si lascia conquistare da questa e
autorizza film tratti dalle sue opere fino ad arrivare a seguire la
sceneggiatura de Il fu Mattia Pascal.
Nel saggio del 1929 (due anni dopo l’uscita del primo
film parlato) Se il film parlante abolirà il teatro conia addirittura un nuovo termine la cinemelografia, con cui indica una
nuova forma d’arte audiovisiva che congiunge «pura musica e pura visione».
La lezione è stata seguita con attenzione dai numerosi
studenti, stimolati dall’interessante angolatura dell’opera pirandelliana e
agevolati nella comprensione dallo stile fluido del professore.
Manuela Ferraro
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