Giovedì 29 maggio la società Dante Alighieri di Anversa ha organizzato
una conferenza su uno dei pittori naïf più importanti del Novecento, Antonio
Ligabue, curata da Giulio Napoletano, studente presso la Reale Accademia delle
Belle Arti di Anversa.
Il nostro pittore si è concentrato in particolare sul dipinto Il re della Foresta che pare contenere
tutti i simboli ricorrenti nelle opere del grande maestro. Per contestualizzare
il quadro sono state ripercorse le tappe fondamentali della vita di Ligabue
(Zurigo 1899 - Gualtieri 1965) che hanno segnato profondamente la sua carriera
artistica e sono stati esaminati altri lavori per individuare gli eventuali
punti di contatto.
Antonio Ligabue - chiamato
Lu tedesch “Il tedesco” per le sue
origini svizzere o Lu Matt “Il matto”
perché era un personaggio strano, a tratti inquietante - ebbe un’infanzia travagliata e una vita segnata
dall’insofferenza verso il mondo, dalla
miseria solitaria. Poi un fortunato
incontro con lo scultore Marino Renato Mazzacurati, che intuì il suo talento,
diede una svolta finalmente positiva alla sua esistenza sventurata.
Il vero naïf - documentario su Ligabue
Il vero naïf - documentario su Ligabue
I due poli principali dell’universo creativo di
Ligabue sono da una parte gli autoritratti e dall’altra gli animali. Si tratta soprattutto di animali feroci, dalle tigri ai leoni, ai leopardi, ai gorilla, ai
serpenti, spesso colti nel momento in cui ghermiscono la preda. Ligabue
si immedesimava nell’animale, lo riteneva suo amico, al contrario dell’uomo da
cui rifuggiva. L’isolamento era la dimensione privilegiata; per alcuni anni, infatti,
rimase rintanato nei boschi
della Bassa Padana.
L'ambiente che domina nelle sue opere
è la selva immaginaria che ricorda i paesaggi contadini della vita
dell'artista; dopo aver vissuto nelle campagne svizzere per circa vent'anni,
trasferitosi in Italia la valle padana e il Po furono il suo mondo.
Nel dipinto Il re della Foresta
il leone dalle fauci spalancate e il serpente, figure preminenti inserite in
un’esotica foresta, lottano ferocemente per la sopravvivenza. Quadro dal forte cromatismo
e carico di violenza ancestrale.
Secondo il punto di vista di Napoletano,
la fiera, il teschio e il ragno, disposti nello spazio in modo da formare un
triangolo, rappresentano il ciclo di morte e rinascita.
Ligabue, inoltre, si
esprimeva non solo con la pittura ma anche con la scultura, utilizzando una
tecnica piuttosto primitiva. Lavorava la materia prima - l’argilla trovata lungo il Po - con la bocca,
impregnandola di saliva la rendeva malleabile.
Fu un uomo bizzarro,
un selvaggio, la cui dote artistica, tuttavia e per fortuna, non passò
inosservata.
Ringraziamo Giulio
Napoletano per averci mostrato una personalità così intrigante.
Manuela Ferraro
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